giovedì 9 gennaio 2014

The Joker is dead. Long life the Joker.

Amici, fratelli, compagni di avventure, di penna e di tastiera, prestatemi orecchio.
Siamo oggi riuniti qui, in questo Non Spazio, attorno a questa pira funeraria, per piangere la fine del nostro amico, non amico, dell'essere "non essere".
  
Ma chi era costui? Chi non era? Molti di noi hanno la risposta a questa domanda, ma è sempre una risposta incompleta. Ognuno di noi ha forse qualche tessera dell'immenso puzzle, ma molte neppure combaciano tra loro.
  
Certo è che se n'è andato com'era nel suo stile: allegro ma triste, spaventato ma coraggioso, straordinario ma ordinario, dritto ma storto, ridendo da un occhio e piangendo dall'altro.
 
E come una corda, troppo a lungo posta in tensione, questa sua pazza dualità, questo suo essere sempre diviso, spezzato in due da pensieri contrapposti, questo suo essere trascinato da due volontà di pari forza in contrasto tra loro, gli sono infine stati fatali.
  
A lungo e con grande sforzo egli è rimasto là, in equilibrio, sul bordo della linea: né di qua, né di là, incapace di scegliere "completo", incapace di rinunciare ad una parte di sé, preferendola all'altra. Egli amava tanto questa dualità, che ha preferito morire pur di non abbandonarla.
  
L'attrito continuo ha infine acceso la fiamma che lo ha divorato! E mentre il fuoco lo consumava, il lato destro del suo volto rideva impazzito, mentre il lato sinistro piangeva disperato...
    
E come quel fuoco, che bruciò il suo spirito, ora accenderemo il fuoco di questa pira, che brucerà il suo corpo ormai privo di vita. Due monete abbiamo posto sui suoi occhi, per pagare il nocchier della livida palude, che lo traghetterà nel Regno del Grande Mistero: sette volte grideremo il suo nome al cielo, così da fargli aprire le porte affinché egli vi possa accedere e trovare la sua pace...
   
Ora, non siate tristi per lui: egli ha vissuto esattamente la vita che voleva vivere. E così io voglio ricordarlo: a metà, tra il bene e il male; a metà tra lucidità e follia; a metà tra gioia e tristezza; a metà tra terra... e cielo...
   
Va... trasformati... vola... Vivrai per sempre nel mio cuore...
Addio amico mio...
  
Joker! Joker! Joker! Joker! Joker! Joker! Joker!

venerdì 20 dicembre 2013

Un anno memorabile


E così, anche questo 2013 sta volgendo al termine.
Torno con la mente ad un anno fa... il 20 dicembre 2012: doveva finire il mondo allora... ('N tu culu i Maya)
   
A volte penso che forse il mondo è finito davvero quel giorno e io non me ne sono accorto: altrimenti non so come spiegarlo, come dare un senso all'accelerazione che la mia vita ha preso in soli 12 mesi.
  
Lo dico qui ed ora, chiamando gli spiriti a testimoni, che non posso esitare nel dire che di tutti gli anni della mia vita, questo è stato senza il minimo dubbio il più spettacolare!!
  
Ne ho scritte e raccontate... di cotte e di crude, su questo blog: e non ho raccontato tutto. La politica, ad esempio, ho cercato di tenerla fuori...
 
Ricordo, come pochi giorni prima del 20 dicembre 2012, una sensitiva di mia conoscenza mi spiegò questo semplice esercizio: "La fine del ciclo Maya, non ha niente a che vedere con la fine del mondo. E' solo la fine di un ciclo. Nei prossimi mesi, un vento di energia avvolgerà la Terra, per portarla attraverso il portale: uscirà dal vecchio ciclo ed entrerà nel nuovo. Ti sentirai spesso confuso, disperato, perduto... Allora, quando ti capiterà, immaginati come un marinaio sulla tua barca: il cielo è mutato, le stelle sono diverse, non ti sai orientare... Ma il vento soffia, soffia forte: allora immagina di alzare le vele e senti dentro di te che questo vento di energia che gonfia le tue vele è buono e che, se lo segui, ti porterà nella giusta direzione."
 
O insomma, più o meno: forse l'ho colorata un po', ma il senso è quello. E cavolo... ma vuoi vedere che quella pazza furiosa forse ci ha preso davvero? E' proprio così che ho vissuto questo anno: trascinato da un vento che non posso contrastare, ma di cui mi posso solo fidare.
 
E ho avuto paura, sì: altroché se l'ho avuta. E ho sofferto, ho sofferto in ogni fibra del mio corpo come non pensavo di poter soffirire... Ho anche gioito e goduto, ho amato e perduto. Ho ferito e umiliato e a mia volta lo sono stato.
  
Che anno... che anno!! Scrissi un post a marzo, 1/3 di 2013. Avevo ragione... oh sì. Che strano rileggere oggi quelle parole...
   
E ora, dopo 12 mesi in cui la mia vita è stata rivoltata come un calzino e tutto quanto è sottosopra... ho una sensazione stranissima.
 
E' come se il tempo avesse improvvisamente deciso di... riempirsi. Ogni istante è denso, consistente: non è più come aria o come sabbia, i cui fini granelli scivolano tra le dita. Scorre sì, ma come un lento scivolare, come fosse crema pasticcera, che viene versata da un unvisibile cuoco nei miei giorni... Ha sapore, colore, consistenza.
 
Chiudo gli occhi e sento il lento ruotare degli astri... Respiro e sento che non sto solo respirando: improvvisamente sono consapevole dell'ossigeno che si irradia in ogni cellula.
 
Intendiamoci, la mia vita non è rallentata: è accelerata in continuazione, come un'auto senza freni giù da una discesa. I giorni sono come fotogrammi di un film impazzito!! Schizzano via che è un piacere!! Eppure... è lenta: mi avvolge... mi accarezza... mi culla. E' crema che scende, lenta, ricca, morbida...
  
In questo primo anniversario della fine del mondo, in questi 12 mesi di attraversamento... sono assolutamente certo di una cosa.
  
Questo è solo l'inizio!


mercoledì 18 dicembre 2013

Indietro non si torna

Una parte di me è stata uccisa: così, all'improvviso...
   
Sono stati giorni pieni e senza sosta: il 2013 è stato un anno sconvolgente, ma ho la vaga idea che il 2014 lo sarà di più. E una parte di me non è sopravvissuta a questo sforzo.
   
Non so dire ora cosa sia rimasto... per ora la sensazione è strana, quasi di anestesia.
  
E' stata un'esecuzione in piena regola: per i crimini perpetrati contro il reame di JokerLand, ti condanno a morte tramite fucilazione.
  
E uno dei miei molti "IO", chiese l'ultima sigaretta, camminò tranquillamente fino al muro delle esecuzioni e quando una guardia si avvicinò con la benda, scosse la testa sdegnata. 
   
"Risparmiate il mio volto, mirate al cuore..."* Disse.
  
Partì quindi il rullo dei tamburelli... "Caricat"... "Puntat"... "Fuoco!"
 
Una selva di colpi le investì il petto... uno dei soldati alzò invece il fucile e sparò in aria. Fu così che scomparve una parte di me.
    
Le persone, le nazioni, perfino il mondo, forse hanno un destino: a volte perché qualcuno possa andare avanti, qualcun altro si deve fermare. A volte, perché qualcuno possa vivere, qualcun altro deve morire. Speriamo che il loro sacrificio non sia vano e, se non altro, speriamo che qualcuno li ricordi almeno con una bella canzone...
 
*Fucilazione di Murat: dalla quale è tratta la frase citata.

martedì 10 dicembre 2013

Dream

Give me all the gold of the world... I will be happy, but I will not stop.
Give me peace, give me armony, the solution of every problem, the key of every secret... I will be grateful, but I will not stop.
Give me all the love of the universe... I will be full of joy, but... I will not stop.
It's so: a dreamer is not searching for happyness. He's only searching for another dream to chase...


giovedì 5 dicembre 2013

Il Dragòn, il Toro e il tesoro

Tanto tempo fa, il villaggio di Beillaz si trovò ad affrontare una terribile carestia, dovuta all'abbassamento improvviso delle temperature. Anno dopo anno, i raccolti si impoverivano e le provviste accumulate si assottigliavano.
    
Come se non bastasse, un Dragòn si era risvegliato nelle profondità delle cave, scavate dai saraceni alla ricerca dell'oro, di passaggio in quelle valli più di 1000 anni prima. La notte, complice il gelo, il buio e la scarsità di prede, imperversava sul villaggio. Bisognava chiudersi in casa, assieme al bestiame: qualunque animale o persona si avventurasse fuori dopo la mezzanotte, non aveva alcuno scampo.
     
Tranne il piccolo Luis. Raccontano che una notte lo videro tornare, graffiato, sanguinante, stravolto... ma vivo! Era rimasto fuori, imprudentemente e il Dragòn lo aveva attaccato: ma il bambino era miracolosamente scampato alla bestia, rifugiandosi in una tana di coniglio, particolarmente profonda e incavata tra solide rocce.
    
Al sollievo di tutto il villaggio, seguì però la sorpresa: il piccolo Luis infatti raccontò una cosa straordinaria. Aveva visto il Dragòn molto da vicino: dalla gola, lungo il collo e su tutta l'enorme pancia, il mostro era lettarlmente ricoperto di lamine d'oro e pietre prezione. Un tesoro di un valore inestimabile! I saraceni avevano davvero trovato l'oro! Non avevano potuto prenderlo a causa del Dragòn.
    
La situazione al villaggio era tragica: la carestia mordeva, quel tesoro favoloso rappresentava la salvezza! Come prenderlo però? Bisognava uccidere il Dragòn, ma come? Alcuni uomini si proposero di affrontarlo, con falci e forconi o chiedendo al fabbro di fabbricare delle lance: ma l'idea fu subito scartata. Chiunque avesse provato ad avvinarsi al mostro era stato fatto a pezzi in pochi istanti.
     
Fu un anziano a suggerire la risposta. Nella sua stalla era nato un piccolo torello.
- "Lo nutriremo! Lo faremo diventare enorme e fortissimo! Quando sarà il momento, affronterà il Dragòn!"
- "Ma ci vorrà tantissimo tempo!" Obiettarono alcuni.
L'idea era un po' balzana, ma nessuno seppe proporre nulla di meglio... Così, tutti gli abitanti contribuirono a nutrire il torello neonato. Fu nutrito nonostante la carestia, reso aggressivo con angherie e cattiverie: addestrato con un fantoccio a forma di Dragòn premiato con leccornie quando lo faceva a pezzi, punito se non lo attaccava.
     
E il Toro crebbe: divenne enorme... passarono però 4 lunghi anni. Fu considerato solo allora pronto ad affrontare il Dragòn; anche perché ormai era divenuto così grosso e aggressivo, che gli abitanti lo temevano ormai come lo stesso mostro che avrebbe dovuto combattere.
     
Infine, una notte invernale di luna piena, si decise che era venuto il momento. Il fabbro aveva fabbricato, per l'occasione, un lungo corno d'acciaio, che venne fissato con una staffa sulla fronte del Toro: così, oltre alle sue enormi corna, avrebbe avuto anche quell'arma. Venne quindi sciolto dai legacci e lasciato libero per le vie del paese...
     
Che cosa non udirono gli abitanti di Orbeillaz quella notte!! Ruggiti, muggiti, una lotta furiosa che fece tremare l'intero villaggio. Tutta la notte andò avanti la battaglia... fino a quando non sorse il pallido sole invernale.
     
Scese il silenzio, ma ci volle comunque un bel po', prima che gli abitanti avessero il coraggio di uscire allo scoperto. Sconcertati, osservarono il villaggio messo sottosopra dalla furente lotta... ma un grido di esultanza si sollevò, quando in una radura poco lontano dalle case, videro la carcassa del Dragòn, abbattuto, morto!
    
Tutti accorsero a festeggiare: chi ballava, chi prendeva a calci l'enorme corpo del mostro, chi pensava già a scuoiarlo e a recuperare oro e preziosi. Il villaggio era salvo! E ricco!
     
Ad un certo punto, qualcuno tornò in sé ed esclamò:
- "Ma... e il Toro?"
Tutti si bloccarono di colpo. Già, non vi era traccia del Toro, come era possibile? Alcuni si guardarono attorno preoccupati: era un animale pericoloso!
- "Non abbiate paura." Disse infine chi si occupava dello scuoiamento del Dragòn. "Ecco il nostro Toro..."
Tutti si avvicinarono sorpresi: all'interno della pancia sventrata del mostro, si potevano vedere i poveri resti del Toro... Esso aveva perso la battaglia! Il Dragòn lo aveva sconfitto... ma, per grande fortuna del villaggio, dopo averlo ucciso aveva pensato bene di mangiarlo. E così facendo, aveva ingoiato anche il lungo corno d'acciaio, di cui il Toro era stato dotato. E così il Dragòn si era squarciato la gola... morendo dissanguato.
      
Grazie all'oro del corpo del Dragòn, il villaggio di Beillaz prosperò: furono riaperte le cave degli antichi saraceni e nuovi giacimenti vi furono trovati. Il villaggio era posato su un'immensa miniera piena di ricchezze! E fu così che cambiò nome: da Beillaz, che in lingua antica significa "costruzione", venne ribattezzato "Orbeillaz" ovvero, "costruita sull'oro".
      
    
Non so disegnare e l'unica immagine riconducibile alla storia che ho trovato è questa. Qualcuno sarebbe capace a fare un disegno, che bene si adatti a questo racconto del mio villaggio?

mercoledì 4 dicembre 2013

Consigli per il bloggaggio

Dlin dlon, pubblicità!
Marina ha detto no al colesterolo... ed è morta lo stesso. Quindi fatevi questo test, preso dal blog Re Interiore.

Non credo a queste cose, ovviamente e non lo farò mai, ma se vi interessa qui c'è il risultato di un "mio amico" che lo ha fatto. Mica io, che sono sopra queste cose... Conoscendo il "mio amico" devo dire che ci ha preso abbastanza...



lunedì 2 dicembre 2013

Desideri, ossessioni, felicità

Io voglio.
Voglio tante cose. In genere voglio quello che non ho.
   
Quando ho quello che voglio, sono felice: quando non ho quello che voglio... in genere lo voglio di più.
    
Succede così di diventare ossessionati: sono stato ossessionato molte volte, ma sempre da quello che non avevo, non posso essere ossessionato da quello che ho. L'ossessione però è subdola e, quando ho qualcosa che mi rende felice, ecco che mi ossessiona il pensiero di perdere quella cosa.
   
Insomma, l'ossessione non è mai rivolta verso qualcosa di reale: per questo è così stupida. E' una sensazione di pancia, emozionale, irrazionale... ciò non toglie che sia stupida. Sono spesso ossessionato dal momento della mia morte: lo so che è stupido e lo sapeva anche Epicuro.
   
"La morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste per noi. Quando noi viviamo la morte non c'è, quando c'è lei non ci siamo noi. Non è nulla né per i vivi né per i morti. Per i vivi non c'è, i morti non sono più."
   
E lo stesso vale per ogni ossessione: siamo ossessionati da qualcosa che non esiste. L'ossessione è sempre illusione. Bello, figo, la teoria non fa una piega. Una cosa è dirlo... un'altra è sentirlo. Dire a qualcuno "Non devi essere ossessionato da..." è un po' come dirgli "Non pensare ad un elefante rosa." L'avete visto vero, l'elefante rosa: ho scoperto che non devo drogarmi per vederlo.
   
Ma che cosa provoca l'ossessione? L'ossessione è provocata dal desiderio. Un giorno mi sveglio e mi rendo conto di volere qualcosa... e quel qualcosa diventa, nella mia pancia, qualcosa in grado di rendermi felice. Non solo: l'assenza dell'oggetto del desiderio, è qualcosa in grado di rendermi infelice e questo è molto peggio... Sì, perché se associo una persona, un oggetto, un'esperienza, qualunque cosa alla mia felicità, l'assenza di quella tal cosa significa anche assenza della mia felicità.
  
Ho appena dato a qualcuno fuori di me, il controllo del mio stato d'animo.
   
C'è chi pone rimedio a ciò, lavorando intensamente per non avere desideri. E magari, purtroppo per lui, ci riesce perfino. Io ci ho provato, ho lavorato intensamente per non avere desideri... per fortuna non ce l'ho fatta.
   
Non c'è scampo, non ci sono ricette: desiderare, volere, significa esporsi al rischio di soffrire. Non c'è meditazione, trucco, medicina per questo. Voglio quella donna, quella donna dice "No" e io soffro: soffro perché la voglio. Ho fatto molte volte la cosa inversa: voglio quella donna, ma per paura della figuraccia, non dico nulla e me lo tengo. Tutti in coro, forza: "No! E' sbagliato! Bisogna osare! Bisogna buttarsi! Bla bla!"
   
Gran bel coro di cazzate: facciamo quello che ci sentiamo di fare. Se voglio qualcosa, ma non mi sbatto per averla... vuol dire che, o non la voglio davvero, oppure non sono pronto per averla. Ho visto troppe persone, spinte dalla necessità di fare, avere, conquistare a tutti i costi, che non hanno rispetto né per sé stesse, né per gli altri: ne vedo una ogni volta che mi guardo allo specchio... Si possono fare danni... Il grande dono dell'essere umano è scegliere: se seguissi ogni voglia e ogni istinto, dove starebbe questo grande dono? Io scelgo: sì è sì, no è no, forse è forse. Autodeterminazione.
   
E la felicità? Grande mistero umano. Riconoscere ciò che mi fa felice, felice davvero, è difficile. Vedere ciò che mi renderà felice, ma dopo un bel po' di merda, botte e sofferenza, ancora più difficile. E dopo sangue, botte e merda, raggiunta l'agognata felicità... so già che durerà poco. Sì, perché ho un animo mutevole, continuamente in trasformazione. Essere costante in qualcosa mi è davvero arduo.
   
Disciplina: ci va una gran disciplina. Non voglio correre dietro ad ogni "voglia momentanea", come una banderuola nel vento. Non giudico chi sceglie di farlo, ma io ho "scelto" diversamente. Non mi sento di autodeterminarmi, se corro dietro a tutti i pensieri che mi attraversano, come una banderuola sbatacchiata dal vento.
  
E allora? Allora quello che ho scelto di fare è darmi una direzione. Una direzione che mi porti dove penso che sarò felice? No, assolutamente. Ho scelto di essere felice comunque, ma di battermi per avere ciò che desidero. Sì, perché ho deciso che non legherò la mia felicità a qualcosa che non c'è. E ho scelto che non rinuncerò ai miei desideri: ne ho molti, troppi, alcuni decisamente bizzarri... so già che tutti non li potrò soddisfare. E soffrirò per questo, so già che ne soffrirò... ma lo accetto.
  
Non è una ricetta per la felicità: la felicità, alla fine, è solo una scelta.