mercoledì 3 aprile 2024

Tutto quello che vuoi è dall'altra parte della paura

Eccomi di nuovo qua, su queste scale: la strada ormai la conosco. Mi preparo ad un altro incontro importante.

"Ad ogni passo, diventi più piccolo, diventi quel bambino che hai incontrato durante il tuo primo viaggio." Mi guida la voce. "Stavolta nel prato incontrerai qualcuno, è quella persona che senti il bisogno di perdonare e sarà una persona della tua famiglia."
 
Sono curioso, ansioso di incontrare quella persona e mi affretto su quelle scale, apro la porta ed esco nel solito bellissimo prato...
 
Nessuno...
 
"Parla con quella persona, abbracciala." Mi guida la voce.
Non c'è nessuno da abbracciare, non c'è nessuno, vorrei dire. Scruto, cerco, provo a far affiorare qualcosa, ma niente... Il prato però non è vuoto. Il prato è il mio asilo e quella che ho aperto è la porta di ingresso: me la ricordo sì, ricordo l'asilo e ricordo il suo odore.
 
Io piangevo per andare all'asilo, questo anche mi ricordo: mia mamma non aveva il coraggio di lasciarmi, né la capacità di accompagnarmi e quindi mi riportava a casa, ma questo... non lo ricordo. Ricordo mia sorella, che aveva 5 anni più di me, che cercava di incoraggiarmi, ricordo il cane Moret che veniva fatto salire in macchina pur di convincermi ad andare. Ma io poi piangevo e mia mamma mi riportava a casa...
 
Per anni mi sono chiesto il perché piangessi: per quanto mi sforzassi non riuscivo a ricordarlo. Piangevo e basta.

Ma qui, in questo momento, attraversate le scale che separano i miei quaranta anni da quel bambino, invece di incontrare una persona della mia famiglia che forse avrei dovuto perdonare, io mi ritrovo al mio asilo. E a mia madre, a mio padre, a chi mi accompagnava, sento chiara una richiesta: "Fammi andare. Io voglio andare! Lasciami andare..."

Piangevo sì e ora so perché: è quel pianto di paura, paura di qualcosa di nuovo, che pure desideravo. Desideravo varcare quella soglia e stare con gli altri, attraversare la mia paura, vincere la mia paura: a quelle braccia che pur piene di amore mi riportavano a casa, ora, solo ora, so che volevo chiedere di accompagnarmi. Semplicemente questo: non fatemi fuggire la paura, non proteggetemi dal mondo, aiutatemi ad affrontarla. Non gettatemi, non abbandonatemi, ma datemi il coraggio e la promessa che non mi succederà niente di male. "Tutto quello che voglio è al di là di questa paura che mi fa piangere."

Esco dal mio asilo e ritorno sulle scale, ritorno adulto, scosso da un grande turbamento: non ho nessuno da perdonare, non ho nessuno con cui devo riconciliarmi. Ora comprendo quale era la mia paura, quale era il mio bisogno, ma non lo potevo sapere allora, né lo potevano sapere i miei genitori. E ora è tardi, per chiedere quello che avrei dovuto chiedere allora.

Essere consapevole ora di quel bisogno, è utile? Chiude in me una domanda che mi potro dentro da trentacinque anni, ma a parte questo? Mi aiuta a capire alcuni meccanismi, alcune paure profonde che ho: capire da dove provengono forse mi aiuterà.

Al di là della sua utilità, mi appassiona questo viaggio, mi incuriosisce. E' come una seconda edizione de La ricerca del tesoro nascosto, di cui scrissi più di dieci anni fa.

Chiudevo ogni capitolo con una frase che penso di non aver più usato.

To be continued...

 

giovedì 21 marzo 2024

Un incontro a lungo atteso

Sono seduto e ho gli occhi chiusi. I miei piedi sono radici, che affondano nel terreno. I miei respiri sono profondi... Non è la prima volta che medito, essere presenti, consapevoli, bla bla... ma a che serve?

 Eppure proseguo... un viaggio dentro di me, facciamolo, che mai potrò trovare? Davanti ai miei piedi si apre una scala a chiocciola, che porta dentro di me. Questa è nuova, mi attira, mi sento incuriosito. Scendo, scalino dopo scalino e arrivo al cuore: ricordati di respirare, profondamente, con la pancia, non solo con il petto. Tenere a mente tutte queste cose però mi distrae e io non voglio: non voglio perché sto andando, sto scendendo come forse mai prima e con una facilità che mi è nuova...

Che cosa dovevo fare con il cuore? Prendere la sua energia? Ascoltarlo... non lo ricordo. Ormai sono in fondo alla scala: una porta si apre su un grande prato, verde e pieno di fiori, il sole splende e ci sono le farfalle. E lì, qualcuno mi attende.

Sono io, lo so che sono io: fin dal primo scalino, sapevo che stavo andando a cercare me stesso, il me stesso bambino. Allora perché, perché questa emozione così profonda mi travolge? Non mi nota subito, è piccolo, avrà 4 o 5 anni e gioca, raccoglie fiori, corre, dondolando la massa di capelli ricci. Il cuore mi scoppia di gioia! Perché?

Lo sento, lo sento dentro di me, mi vedo attraverso i miei occhi di oggi, di uomo, di padre: ho voglia di proteggere quel bambino, di dirgli che andrà bene, che crescerà forte e meraviglioso. Chissà se è poi stato così, ma Dio solo sa quanto bisogno avessi di sertirmelo dire.

Finalmente ci incontriamo: è felice, vuole giocare, vuole essere visto in quel suo piccolo grande mondo che abita la sua testa, piena di eventi, avventure, storie, animali, fate e folletti. E io lo vedo, mi vedo e mi abbraccio e piango, piango di gioia.

"Ti ho aspettato così tanto." Ma chi lo dice? L'adulto, il bambino, entrambi? "Mi hai già incontrato, in passato, ma non mi hai mai davvero visto..." Questa volta è il bambino che parla.

"Ho cercato, cercato, cercato... ho cercato qualunque cosa. Non sapevo che stavo cercando te, per questo anche quando ti ho incontrato, non ti ho visto davvero. E ora, che sono qui, capisco e sento che attendevo questo momento da tanto tempo, tanto, tanto tempo. E tu eri qui, sei sempre stato qui e io lo sapevo che c'eri, ma non ti sono mai venuto davvero a cercare. Ti chiedo perdono..."

"Mi sei mancato, mi sei mancato così tanto e non lo sapevo. E ora finalmente ti ho ritrovato! E' una magia? Non sarà perfetta la tua vita no, non posso curare le ferite che ti si apriranno, fisiche e mentali, negli anni che arriveranno. Non posso dirti che andrà tutto bene, perché già so che non sarà così: sarà dura, ma questo te lo posso dire, ce la farai. In modi insospettabili e incredibili, farai più di quanto ci si potrebbe aspettare e vivrai. Sarai papà ed esserlo ti servirà per guarire e per scoprire lati che non conosci di te."

"Ora però è un momento importante: non succederà subito, ma piano piano, ci fonderemo in questo abbraccio e questa ricerca, affannosa, ansiosa, ossessiva, finalmente finirà. Mi sentirò un po' orfano, perché questa ricerca, questa fame, mi ha riempito di desideri e mi ha fatto aprire al mondo, superando paure gigantesche. Mi ha dato una grande forza e ora quella forza dove la cercherò? Ho di nuovo paura, ma la forza per superarla stavolta non sarà la fame... il desiderio. Da dove arriverà?"

"E' un mistero, nessuno ti può rispondere: certo, non è restando immobile che lo scoprirai. Il tuo cuore non è morto e anche se ora non lo sai, andrà tutto bene."

Sono in un luogo immenso, infinito e l'ho sempre saputo

 




giovedì 9 gennaio 2014

The Joker is dead. Long life the Joker.

Amici, fratelli, compagni di avventure, di penna e di tastiera, prestatemi orecchio.
Siamo oggi riuniti qui, in questo Non Spazio, attorno a questa pira funeraria, per piangere la fine del nostro amico, non amico, dell'essere "non essere".
  
Ma chi era costui? Chi non era? Molti di noi hanno la risposta a questa domanda, ma è sempre una risposta incompleta. Ognuno di noi ha forse qualche tessera dell'immenso puzzle, ma molte neppure combaciano tra loro.
  
Certo è che se n'è andato com'era nel suo stile: allegro ma triste, spaventato ma coraggioso, straordinario ma ordinario, dritto ma storto, ridendo da un occhio e piangendo dall'altro.
 
E come una corda, troppo a lungo posta in tensione, questa sua pazza dualità, questo suo essere sempre diviso, spezzato in due da pensieri contrapposti, questo suo essere trascinato da due volontà di pari forza in contrasto tra loro, gli sono infine stati fatali.
  
A lungo e con grande sforzo egli è rimasto là, in equilibrio, sul bordo della linea: né di qua, né di là, incapace di scegliere "completo", incapace di rinunciare ad una parte di sé, preferendola all'altra. Egli amava tanto questa dualità, che ha preferito morire pur di non abbandonarla.
  
L'attrito continuo ha infine acceso la fiamma che lo ha divorato! E mentre il fuoco lo consumava, il lato destro del suo volto rideva impazzito, mentre il lato sinistro piangeva disperato...
    
E come quel fuoco, che bruciò il suo spirito, ora accenderemo il fuoco di questa pira, che brucerà il suo corpo ormai privo di vita. Due monete abbiamo posto sui suoi occhi, per pagare il nocchier della livida palude, che lo traghetterà nel Regno del Grande Mistero: sette volte grideremo il suo nome al cielo, così da fargli aprire le porte affinché egli vi possa accedere e trovare la sua pace...
   
Ora, non siate tristi per lui: egli ha vissuto esattamente la vita che voleva vivere. E così io voglio ricordarlo: a metà, tra il bene e il male; a metà tra lucidità e follia; a metà tra gioia e tristezza; a metà tra terra... e cielo...
   
Va... trasformati... vola... Vivrai per sempre nel mio cuore...
Addio amico mio...
  
Joker! Joker! Joker! Joker! Joker! Joker! Joker!

venerdì 20 dicembre 2013

Un anno memorabile


E così, anche questo 2013 sta volgendo al termine.
Torno con la mente ad un anno fa... il 20 dicembre 2012: doveva finire il mondo allora... ('N tu culu i Maya)
   
A volte penso che forse il mondo è finito davvero quel giorno e io non me ne sono accorto: altrimenti non so come spiegarlo, come dare un senso all'accelerazione che la mia vita ha preso in soli 12 mesi.
  
Lo dico qui ed ora, chiamando gli spiriti a testimoni, che non posso esitare nel dire che di tutti gli anni della mia vita, questo è stato senza il minimo dubbio il più spettacolare!!
  
Ne ho scritte e raccontate... di cotte e di crude, su questo blog: e non ho raccontato tutto. La politica, ad esempio, ho cercato di tenerla fuori...
 
Ricordo, come pochi giorni prima del 20 dicembre 2012, una sensitiva di mia conoscenza mi spiegò questo semplice esercizio: "La fine del ciclo Maya, non ha niente a che vedere con la fine del mondo. E' solo la fine di un ciclo. Nei prossimi mesi, un vento di energia avvolgerà la Terra, per portarla attraverso il portale: uscirà dal vecchio ciclo ed entrerà nel nuovo. Ti sentirai spesso confuso, disperato, perduto... Allora, quando ti capiterà, immaginati come un marinaio sulla tua barca: il cielo è mutato, le stelle sono diverse, non ti sai orientare... Ma il vento soffia, soffia forte: allora immagina di alzare le vele e senti dentro di te che questo vento di energia che gonfia le tue vele è buono e che, se lo segui, ti porterà nella giusta direzione."
 
O insomma, più o meno: forse l'ho colorata un po', ma il senso è quello. E cavolo... ma vuoi vedere che quella pazza furiosa forse ci ha preso davvero? E' proprio così che ho vissuto questo anno: trascinato da un vento che non posso contrastare, ma di cui mi posso solo fidare.
 
E ho avuto paura, sì: altroché se l'ho avuta. E ho sofferto, ho sofferto in ogni fibra del mio corpo come non pensavo di poter soffirire... Ho anche gioito e goduto, ho amato e perduto. Ho ferito e umiliato e a mia volta lo sono stato.
  
Che anno... che anno!! Scrissi un post a marzo, 1/3 di 2013. Avevo ragione... oh sì. Che strano rileggere oggi quelle parole...
   
E ora, dopo 12 mesi in cui la mia vita è stata rivoltata come un calzino e tutto quanto è sottosopra... ho una sensazione stranissima.
 
E' come se il tempo avesse improvvisamente deciso di... riempirsi. Ogni istante è denso, consistente: non è più come aria o come sabbia, i cui fini granelli scivolano tra le dita. Scorre sì, ma come un lento scivolare, come fosse crema pasticcera, che viene versata da un unvisibile cuoco nei miei giorni... Ha sapore, colore, consistenza.
 
Chiudo gli occhi e sento il lento ruotare degli astri... Respiro e sento che non sto solo respirando: improvvisamente sono consapevole dell'ossigeno che si irradia in ogni cellula.
 
Intendiamoci, la mia vita non è rallentata: è accelerata in continuazione, come un'auto senza freni giù da una discesa. I giorni sono come fotogrammi di un film impazzito!! Schizzano via che è un piacere!! Eppure... è lenta: mi avvolge... mi accarezza... mi culla. E' crema che scende, lenta, ricca, morbida...
  
In questo primo anniversario della fine del mondo, in questi 12 mesi di attraversamento... sono assolutamente certo di una cosa.
  
Questo è solo l'inizio!


mercoledì 18 dicembre 2013

Indietro non si torna

Una parte di me è stata uccisa: così, all'improvviso...
   
Sono stati giorni pieni e senza sosta: il 2013 è stato un anno sconvolgente, ma ho la vaga idea che il 2014 lo sarà di più. E una parte di me non è sopravvissuta a questo sforzo.
   
Non so dire ora cosa sia rimasto... per ora la sensazione è strana, quasi di anestesia.
  
E' stata un'esecuzione in piena regola: per i crimini perpetrati contro il reame di JokerLand, ti condanno a morte tramite fucilazione.
  
E uno dei miei molti "IO", chiese l'ultima sigaretta, camminò tranquillamente fino al muro delle esecuzioni e quando una guardia si avvicinò con la benda, scosse la testa sdegnata. 
   
"Risparmiate il mio volto, mirate al cuore..."* Disse.
  
Partì quindi il rullo dei tamburelli... "Caricat"... "Puntat"... "Fuoco!"
 
Una selva di colpi le investì il petto... uno dei soldati alzò invece il fucile e sparò in aria. Fu così che scomparve una parte di me.
    
Le persone, le nazioni, perfino il mondo, forse hanno un destino: a volte perché qualcuno possa andare avanti, qualcun altro si deve fermare. A volte, perché qualcuno possa vivere, qualcun altro deve morire. Speriamo che il loro sacrificio non sia vano e, se non altro, speriamo che qualcuno li ricordi almeno con una bella canzone...
 
*Fucilazione di Murat: dalla quale è tratta la frase citata.

martedì 10 dicembre 2013

Dream

Give me all the gold of the world... I will be happy, but I will not stop.
Give me peace, give me armony, the solution of every problem, the key of every secret... I will be grateful, but I will not stop.
Give me all the love of the universe... I will be full of joy, but... I will not stop.
It's so: a dreamer is not searching for happyness. He's only searching for another dream to chase...


giovedì 5 dicembre 2013

Il Dragòn, il Toro e il tesoro

Tanto tempo fa, il villaggio di Beillaz si trovò ad affrontare una terribile carestia, dovuta all'abbassamento improvviso delle temperature. Anno dopo anno, i raccolti si impoverivano e le provviste accumulate si assottigliavano.
    
Come se non bastasse, un Dragòn si era risvegliato nelle profondità delle cave, scavate dai saraceni alla ricerca dell'oro, di passaggio in quelle valli più di 1000 anni prima. La notte, complice il gelo, il buio e la scarsità di prede, imperversava sul villaggio. Bisognava chiudersi in casa, assieme al bestiame: qualunque animale o persona si avventurasse fuori dopo la mezzanotte, non aveva alcuno scampo.
     
Tranne il piccolo Luis. Raccontano che una notte lo videro tornare, graffiato, sanguinante, stravolto... ma vivo! Era rimasto fuori, imprudentemente e il Dragòn lo aveva attaccato: ma il bambino era miracolosamente scampato alla bestia, rifugiandosi in una tana di coniglio, particolarmente profonda e incavata tra solide rocce.
    
Al sollievo di tutto il villaggio, seguì però la sorpresa: il piccolo Luis infatti raccontò una cosa straordinaria. Aveva visto il Dragòn molto da vicino: dalla gola, lungo il collo e su tutta l'enorme pancia, il mostro era lettarlmente ricoperto di lamine d'oro e pietre prezione. Un tesoro di un valore inestimabile! I saraceni avevano davvero trovato l'oro! Non avevano potuto prenderlo a causa del Dragòn.
    
La situazione al villaggio era tragica: la carestia mordeva, quel tesoro favoloso rappresentava la salvezza! Come prenderlo però? Bisognava uccidere il Dragòn, ma come? Alcuni uomini si proposero di affrontarlo, con falci e forconi o chiedendo al fabbro di fabbricare delle lance: ma l'idea fu subito scartata. Chiunque avesse provato ad avvinarsi al mostro era stato fatto a pezzi in pochi istanti.
     
Fu un anziano a suggerire la risposta. Nella sua stalla era nato un piccolo torello.
- "Lo nutriremo! Lo faremo diventare enorme e fortissimo! Quando sarà il momento, affronterà il Dragòn!"
- "Ma ci vorrà tantissimo tempo!" Obiettarono alcuni.
L'idea era un po' balzana, ma nessuno seppe proporre nulla di meglio... Così, tutti gli abitanti contribuirono a nutrire il torello neonato. Fu nutrito nonostante la carestia, reso aggressivo con angherie e cattiverie: addestrato con un fantoccio a forma di Dragòn premiato con leccornie quando lo faceva a pezzi, punito se non lo attaccava.
     
E il Toro crebbe: divenne enorme... passarono però 4 lunghi anni. Fu considerato solo allora pronto ad affrontare il Dragòn; anche perché ormai era divenuto così grosso e aggressivo, che gli abitanti lo temevano ormai come lo stesso mostro che avrebbe dovuto combattere.
     
Infine, una notte invernale di luna piena, si decise che era venuto il momento. Il fabbro aveva fabbricato, per l'occasione, un lungo corno d'acciaio, che venne fissato con una staffa sulla fronte del Toro: così, oltre alle sue enormi corna, avrebbe avuto anche quell'arma. Venne quindi sciolto dai legacci e lasciato libero per le vie del paese...
     
Che cosa non udirono gli abitanti di Orbeillaz quella notte!! Ruggiti, muggiti, una lotta furiosa che fece tremare l'intero villaggio. Tutta la notte andò avanti la battaglia... fino a quando non sorse il pallido sole invernale.
     
Scese il silenzio, ma ci volle comunque un bel po', prima che gli abitanti avessero il coraggio di uscire allo scoperto. Sconcertati, osservarono il villaggio messo sottosopra dalla furente lotta... ma un grido di esultanza si sollevò, quando in una radura poco lontano dalle case, videro la carcassa del Dragòn, abbattuto, morto!
    
Tutti accorsero a festeggiare: chi ballava, chi prendeva a calci l'enorme corpo del mostro, chi pensava già a scuoiarlo e a recuperare oro e preziosi. Il villaggio era salvo! E ricco!
     
Ad un certo punto, qualcuno tornò in sé ed esclamò:
- "Ma... e il Toro?"
Tutti si bloccarono di colpo. Già, non vi era traccia del Toro, come era possibile? Alcuni si guardarono attorno preoccupati: era un animale pericoloso!
- "Non abbiate paura." Disse infine chi si occupava dello scuoiamento del Dragòn. "Ecco il nostro Toro..."
Tutti si avvicinarono sorpresi: all'interno della pancia sventrata del mostro, si potevano vedere i poveri resti del Toro... Esso aveva perso la battaglia! Il Dragòn lo aveva sconfitto... ma, per grande fortuna del villaggio, dopo averlo ucciso aveva pensato bene di mangiarlo. E così facendo, aveva ingoiato anche il lungo corno d'acciaio, di cui il Toro era stato dotato. E così il Dragòn si era squarciato la gola... morendo dissanguato.
      
Grazie all'oro del corpo del Dragòn, il villaggio di Beillaz prosperò: furono riaperte le cave degli antichi saraceni e nuovi giacimenti vi furono trovati. Il villaggio era posato su un'immensa miniera piena di ricchezze! E fu così che cambiò nome: da Beillaz, che in lingua antica significa "costruzione", venne ribattezzato "Orbeillaz" ovvero, "costruita sull'oro".
      
    
Non so disegnare e l'unica immagine riconducibile alla storia che ho trovato è questa. Qualcuno sarebbe capace a fare un disegno, che bene si adatti a questo racconto del mio villaggio?