lunedì 29 ottobre 2012

So chi sono?

E' forse questo il motivo principale della nascita del Joker: io so chi sono?
Arrivato ad un certo punto della mia vita, non sapevo più chi ero.
Perché?
Tanti motivi...

Facciamoci queste semplici domande:
1) Faccio quello che mi piace?
2) La mia vita adesso è frutto di mie decisioni?
3) So quello che voglio?
4) Combatto per quello che voglio?
5) Coltivo le mie passioni?

Sono pur sempre un ingegnere, così ho deciso di dare 1 punto per ogni "sì" alle precedenti domande e 1/2 punto per ogni "un po'".
Non svelerò il risultato: 3/5 - 3...

Invito tutti a fare questo test... il punteggio che otterremo sarà un indice di quanto ascoltiamo noi stessi, di quanto "siamo" davvero di noi stessi.
E sarà anche indicativo della nostra felicità. Più il punteggio è alto, ovviamente, più saremo sereni, felici e realizzati... Qualunque siano le cose che ci piacciono, le nostre decisioni, quello che vogliamo e le nostre passioni.

In passato sono stato io, per un punteggio vicino allo 0. Non facevo quello che mi piaceva, non seguivo le mie passioni... ma la cosa peggiore è che nemmeno me ne rendevo conto. Quando per tanto tempo dimentichi di parlare con te stesso, alla fine non riesci più a capirti. Sai solo che stai male, ma non capisci perché... Il male di vivere...

Smettiamo di parlarci e soprattutto smettiamo di ascoltarci: non sappiamo più cosa vogliamo fare, facciamo quello che vuole qualcun altro. Società, datore di lavoro, amici, famiglia... Non solo, ma ce la mettiamo tutta per convincerci che è quello che anche noi vogliamo.

"Ci si mette una maschera, fino a dimenticarci chi c'è dietro..." *


E così, smettiamo di sapere chi siamo...

Allora eseguo questo esercizio, ogni mattina. Mi pongo le 5 domande e do il punteggio ad ognuna. Potrò anche non fare nulla, in seguito, ma almeno saprò. Saprò quanto sono di me stesso...

E deciderò, vorrò, parteciperò... Saprò se sto vivendo la mia vita, oppure la vita di qualcun altro.

Nel momento in cui, per la prima volta, feci questo test, rimasi agghiacciato: 0 spaccato... Com'era possibile?
Avevo 25 anni e non sapevo niente di me stesso... avevo sempre seguito le "regole" di qualcun altro. Ero diventato quello che qualcun altro voleva farmi diventare. E mi ritrovavo così solo, solo dentro me stesso, inascoltato, non capito, senza identità... Io non ero nessuno, non ero niente, ero una marionetta priva di volontà, voglie, piaceri, decisioni... Un relitto sballottato dalla marea.

E per di più, senza più forze. Così, quando provai a ribellarmi, a reagire, a cambiare la mia situazione, trovai ostacoli enormi ed insormontabili. Non solo la mia salute mi impediva di metterci la forza necessaria, ma tutti coloro che mi erano attorno si opponevano al mio cambiamento. Amici, parenti e affini... "Ma come? Non ti riconosco più! Sei cambiato!" E via discorrendo...

Ma ormai la porta era aperta. Il cambiamento era cominciato. Anche volendo, non avrei più potuto non sentire, non sentirmi... non avrei più potuto ignorare il me stesso oscuro che mi parlava dalle profondità della mia anima.

5 semplici domande: ma se si trova il coraggio di porle e di rispondere sinceramente, possono spalancare una porta dentro noi stessi. Possono farci scoprire chi siamo davvero e soprattutto chi non siamo...


* Dal film V per Vendetta

mercoledì 24 ottobre 2012

Razionale o Irrazionale... Dipende dal risultato

Mi è capitato spesso, ultimamente, di sentire criticare la razionalità.
Frasi come: "Pensi troppo, ti preoccupi troppo, io agisco d'istinto, di pancia, senza pensare, lasciarsi andare alle emozioni" e via discorrendo, credo le abbiamo dette e sentite più o meno tutti.

E così, come mio solito, da perfido calcolatore razionale quale sono, mi sono messo a riflettere... Un evento della mia vita mi pone di fronte ad una scelta, all'improvviso: come agisco? D'istinto, oppure rifletto?

Nel mio caso, direi decisamente la seconda: rifletto, ci penso, poi ci ripenso... troppi troppi pensieri e alla fine magari non combino nulla. Quindi la razionalità è negativa? No, secondo me dipende dal risultato.

Immaginate questa scena.
Un gruppo di amici organizza una cena. Stabiliscono posto, ora e altri dettagli.
Il giorno e all'ora concordati (anzi, magari pure un po' in anticipo) alcuni dei partecipanti si presentano al luogo concordato e prendono posto: quindi cominciano ad aspettare gli altri. Aspettare... che barba aspettare, aspettare... da fastidio a tutti.
L'ora dell'appuntamento arriva: ma degli amici ancora nessuna traccia. Cominciano i malumori.
"Sono sempre i soliti! Se sei in ritardo almeno avvisa! Ho fame! Mi rompe di stare qui ad aspettare i comodi degli altri!" e via discorrendo.

Infine, diciamo dopo una mezz'ora o più di ritardo, ecco finalmente giungere i ritardatari. E' questo il momento in cui la storia può prendere due strade.

1) L'aggressione
Alcuni amici, giustamente risentiti per il ritardo e per il mancato avviso, affrontano i ritardatari a muso duro. "Non si fa così, ci avete mancato di rispetto, non siamo mica i vostri zerbini..." ecc ecc. Reazione d'istinto, diciamo. Certamente giusta, se si vuole ragionare su chi ha ragione, tuttavia dal risultato pessimo. Ovvero, una serata passata col malumore, con musi lunghi, o peggio ancora, con finta allegria. L'imbarazzo di chi ha assistito alla "punizione"... serata rovinata insomma. Colpa di chi è arrivato in ritardo certo, ma forse anche nell'eccesso di "istinto" di chi ha reagito.

Infatti nella seconda opzione

2) Chissenefrega
Quando i ritardatari arrivano, i brontolii cessano, chi è più infastidito conta fino a 10, poi sorride: chi ha aspettato abbraccia i nuovi arrivati, si ride, si scherza. In due minuti nessuno si ricorda più del ritardo, del nervosismo. Si beve, si mangia, si festeggia, si ride. Avendo pensato quei 10 secondi in più, avendo scelto di lasciar correre, la serata è stata splendida e chi si era innervosito si sente pure un po' stupido, per essersela presa per così poco.

Allora reagire razionalmente è meglio che reagire d'istinto? Dipende. Mi viene in mente quest'altra scena.

1) Due persone si incontrano in metropolitana (treno, mercato, dove vi pare): si scambiano uno sguardo e nel giro di mezz'ora sono a letto insieme.

2) Le stesse due persone si incontrano nello stesso posto: si scambiano uno sguardo, ma poi vengono assaliti dalla paura, dall'imbarazzo, da troppi pensieri. E tirano ognuno per la propria strada, soffocando il desiderio e rimuginando su "cosa sarebbe stato se..."

Certamente la prima reazione è istintiva: non pone pensieri, ma porta ad un risultato splendido.
La seconda reazione, invece, più razionale, ha il pessimo risultato di farci sentire piccoli e indesiderati.

Allora, è meglio essere razionali o irrazionali?
Direi che dipende dal risultato... Bisogna pensare sì, ma quel tanto che basta per capire dove ci porterà la reazione che stiamo per avere, la scelta che stiamo per fare. Un po' di pensiero non guasta, prima di lasciarsi andare. Un po' di follia e d'istinto, non guastano in nessun pensiero.

Siete più razionali o più istintivi? Qualunque sia la risposta, se incontrate qualcuno in metropolitana... beh, pensate quel tanto che basta a farvi prendere le giuste precauzioni, poi... lasciatevi andare...



domenica 14 ottobre 2012

La gerla

E' normale sentirsi esausti alla mia età?
Non ho ancora 30 anni... e ogni passo sembra costare una quantità di energie vasta come l'oceano. E non solo io: ascolto le persone attorno a me e sento sempre le stesse parole. "Sono stanco."

Siamo un mondo di esausti? Senza battaglie, senza sogni, senza speranze, senza entusiasmo?
Cerchiamo risposte, arranchiamo nel buio alla ricerca di una luce?
 
Mi è venuta in mente questa immagine: tutti noi camminiamo con una gerla sulla schiena.
Quando nasciamo la nostra gerla è vuota, leggera e noi possiamo volare col corpo e con lo spirito.

Crescendo, però, iniziano le resposabilità: così mettiamo delle pietre nella nostra gerla. Dobbiamo affrontare scelte difficili: altre pietre... Ci proibiamo ciò che vorremmo, ci neghiamo i nostri sogni, nascondiamo la nostra personalità per adeguarla a quella del gruppo, del mondo, della religione, del lavoro, della società... Altre pietre... Ad ogni evento di questo tipo, la nostra gerla diventa sempre più pesante.

Tuttavia, i sassi dalla gerla si possono anche togliere: ogni volta che seguiamo il nostro cuore, ogni volta che ci ribelliamo alle imposizioni, alle usanze stupide, ogni volta che vinciamo una sfida contro il mondo e contro noi stessi.

Va da sé, se siamo ragazzi nel pieno della ribellione ormonale, è più facile svuotare la propria gerla. Crescendo, però, aumentano le responsabilità, i doveri e i divertimenti calano... Quindi sono molto più i sassi che mettiamo nella gerla, di quelli che togliamo. E così ci sentiamo esausti e... non abbiamo più voglia di camminare sul sentiero della vita, figuriamoci di correre o volare...

E' difficile (anche se non impossibile) liberarsi di questo peso completamente: tornare a quella condizione selvatica, estatica, del bambino con la mente sgombra da ogni paura, con una folle e piena fiducia nella vita: con quell'entusiasmo e curiosità inarrestabili...

E' certamente possibile e nemmeno troppo complicato cercare di togliere almeno qualche sasso... se non altro per camminare un po' più leggeri. Almeno per smettere di arrabbiarsi con la vita.

Il primo passo, ovviamente, è volerlo fare: il primo passo e smettere di vedere tutto nero, ma cercare quella luce, quella che cerchiamo sempre, ma che ormai abbiamo perso la speranza di trovare... Quella luce, in realtà, c'è, c'è sempre stata ed è dentro di noi. Siamo noi la luce che cerchiamo.

Il primo passo, la prima pietra da togliere, è quindi questa: smettere di pensare che non siamo importanti, smettere di pensare che non meritiamo. Smettere di credere che la nostra luce debba venire dal di fuori, che siano religioni, vestiti, lavoro o amori. La nostra luce siamo noi, il nostro eroe siamo noi, la nostra guida siamo noi. Dobbiamo solo ricordarlo.

Allora ogni giorno, appena svegli, prendiamoci un po' di tempo per noi. Restiamo ad occhi chiusi e sentiamo tutto il peso della nostra gerla carica di sassi sulla schiena, che fa desiderare di poter dormire un altro po', che ci toglie l'entusiasmo per alzarci e goderci questa splendida giornata che la vita ci ha concesso.

Togliamo un sasso. Uno solo. Sentiamo più leggeri, sentiamoci vivi, sentiamo importanti; per il mondo forse non conteremo nulla, ma per noi stessi siamo tutto...



lunedì 1 ottobre 2012

La mezza follia

Mi è capitato, di recente, di sentirmi porre la seguente domanda: 
"Da 1 a 10, quanto sei pazzo?"
Mi è venuto di impulso rispondere 11, semplicemente perché era una bella risposta. Riflettendoci, tuttavia, mi sono reso conto che la risposta è 5.

Sono pazzo 5, ovvero nel mezzo. Ed è davvero la condizione peggiore.
Non sono abbastanza pazzo da fregarmene delle conseguenze, ma non sono abbastanza sano per evitare di fare pazzie.

Sono là, sulla lama di un rasoio...

Appena oscillo un po' verso la follia, precipito e parto per folli avventure; nel pieno dell'avventura, la mia parte ragionevole si fa sentire e vengo colto dal panico e dal terrore totale.

La parte ragionevole allora mi porta ad impegnarmi nelle cose di ogni giorno, nei progetti sociali e instilla in me molti buoni propositi; ma basta che la mia anima folle rialzi appena la testa che ecco, pianto tutto, lasciando chi contava su di me a bocca aperta, stupito e arrabbiato per il mio repentino abbandono...

Salvo poi pentirmene subito dopo, al riaffiorare della ragione e cercare di tornare sui miei passi.

Il territorio di mezzo, la linea rossa su cui non si deve stare, in cui non si deve indugiare: io sto e indugio proprio là. Ad un bivio ci sono da scegliere due strade: ne scelgo una, ma poi mi pento e torno indietro e imbocco l'altra, dopodiché ritorno ancora sui miei passi e avanti così... senza mai giungere ad una decisione...

Le voglio percorrere entrambe, è questa la verità: non ve n'è una che preferisco o più giusta, sono entrambe giuste. E non voglio fare questa scelta...