venerdì 30 agosto 2013

Fare o essere

"La differenza tra fare l'amore e essere amore, è la stessa che c'è tra fare il pazzo e essere pazzo."
Joker

Mi sono troppo abituato a "fare" me stesso. Un fiore non fa il fiore: è un fiore. Un cane non fa il cane: è un cane.

Le persone no: troppo spesso le persone "fanno" le persone. Mi hanno insegnato che questo si può "fare" e questo non si può "fare": così ora io "faccio" tante cose... ma non sono. E se non sono, allora non esisto... Quindi abbiamo un'umanità di non esistenti...

Fa venire i brividi questa realtà. E porta tanta tristezza... Perché il fare qualcuno, significa di fatto interpretare una parte, un ruolo: e inevitabilmente qualcosa di me viene nascosto, sepolto.

Perché lo faccio? Beh, proprio come su un palco, so che se interpreto bene il mio ruolo, il pubblico mi applaudirà, i miei colleghi attori e il regista saranno contenti di me.

Se invece smettessi di "fare" me stesso sul palcoscenico: se decidessi di essere? Apriti cielo! Non direi più le giuste battute, non farei più i giusti movimenti. Il pubblico rimarrebbe smarrito, e magari comincerebbe a fischiare e protestare e gli altri attori andrebbero in confusione e si arrabbierebbero con me! Il regista mi licenzierebbe!!

E così... continuo a recitare... Ridi! Pagliaccio!! The show must go on!

E mi sento solo, perché alle altre persone non interessa di fatto ciò che sono: interessa ciò che faccio. Si fermano alla superficie e quindi nessuno è in grado di guardare dentro di me, alla mia vera essenza.

E non è colpa loro: io mi nascondo, io faccio me stesso. Quand'è che ho smesso di "essere" me e ho deciso di fare la comparsa di me stesso? Non è stato certo un momento preciso... piano piano, per quieto vivere, per non dover combattere ogni giorno contro il pubblico che fischia e contro il regista che minaccia di licenziarmi, mi sono piegato. Piegato a fare la persona e non ad essere la persona.

Il grande male dell'umanità: facciamo, facciamo, facciamo... qualunque cosa... E faccio tante cose e magari le faccio anche bene. Faccio viaggi, faccio canzoni, faccio l'amore... Niente di male: il fare è qualcosa di bello, ma vorrei che il fare nascesse da dentro di me, non da fuori. Vorrei che il fare nascesse dall'essere, che ciò che di più profondo mi porto dentro.

Essere viaggio, essere musica, essere amore. E allora il fare verrebbe da sé, senza tutto questo affanno e questa rincorsa, che poi non mi soddisfa mai...

E' così... fare il pazzo, non è la stessa cosa di essere pazzo.

E questo vale anche come specchio: quando ho di fronte a qualcuno, certamente osservo cosa fa. Quante volte mi spingo oltre? Quante volte cerco di vedere cosa "è"? Cogliere l'essenza di una persona? Anche perché ciò che una persona "fa" è spesso soggetta al mio giudizio. Hai visto quello? Ha fatto così, si è vestità cosà, ha detto su, ha fatto giù. L'essenza invece non si può giudicare, ma solo percepire.

E quando riesco a "percepire" una persona... allora entro in contatto ad un livello superiore: e allora il fare non è più così importante. Posso anche non fare nulla... non mi aspetto nulla... non ho obiettivi. Sono e basta, senza interpretare alcuna parte. E questa è la più grande gioia.



domenica 25 agosto 2013

Come se non ci fosse un domani...

Un po' di tempo fa, io e una mia amica passeggiavamo su di una stradina sterrata, in mezzo ai boschi della mia terra. Ad un tratto, lei notò una scena alquanto curiosa e la volle fotografare.
 
Ora, la sua passione sono le foto cosiddette Macro e non uno strano genere fetish dei film hard: certo è che l'accoppiamento di due farfalle e nere (ignoro specie e caratteristiche), è una scena quanto mai bizzarra.
 
Tuttavia, quella scena bizzarra mi fece riflettere... Uno rapido sguardo su wikipedia, mi ha fatto scoprire che una farfalla di fatto vive pochi giorni: da 2 giorni per alcune specie a un mese per altre, comunque sia un tempo veramente breve.
 
E così ho pensato a quelle due farfalle che si amavano, appoggiate a quel fiore: rimanemmo ad osservarle per molto tempo... E mi è venuta in mente quella frase, che ogni tanto si usa: "Scopavano come se non avessero un domani."
 
Beh, nel caso delle farfalle forse era proprio così.
 
Allora mi piace pensare che quelle farfalle non fossero consapevoli della durata della loro vita: semplicemente la natura le ha concepite per passare il loro tempo qui nel migliore dei modi. E quale modo migliore di passare il tempo?
 
E noi... noi umani... io umano? Io sono consapevole più o meno di quanto possa durare la mia vita: spero di avere un domani e vivo, di fatto, consapevole di avere un domani. 30 anni passati pensando al mio domani: i 20 anni erano il domani dei 10 anni, i 30 anni erano il domani dei 20 anni, i 40 anni sono il mio domani di adesso... i 50, i 60. Conto di rompere i coglioni al mondo almeno fino al compimento dei 120 anni, sappiatelo!
 
C'è questa consapevolezza... ed è buona: permette di progettare un futuro, che prima o poi dovrebbe arrivare. E' una buona cosa pensare al proprio futuro...
 
Eppure, a volte vorrei essere "inconsapevole": come quelle farfalle, vorrei dimenticarmi che esiste un domani. Perdere la ragione, la razionalità, sospendere momentaneamente la parte del cervello che ragiona... Divenire puro sentire, puro istinto, pura passione... come un animale, come il mio essere primordiale, che c'è, l'ho visto pochi giorni fa.
 
Nessun "bene o male"... nessun "ieri o domani"... nessun "è giusto o è sbagliato"... nessun "farò o avessi fatto"...
 
Vorrei essere farfalla e scopare, mangiare, ridere, piangere, volare, vivere e tutto ciò che si può, come se non avessi un domani, dimentico di ogni cosa, tranne che dell'adesso...
 
La mia mente è ancora troppo forte per permettermi questo... E' potente e subdola: alimenta l'ego, le paure, i desideri...
 
Voglio essere farfalla...
  
Photo by Adinalexa - https://plus.google.com/118253963994453311141/photos?banner=pwa
 
ps: "Un giorno Chuang Tzu si addormentò e, mentre dormiva, sognò di essere una farfalla che volava in estasi. E quella farfalla non sapeva di essere Chuang Tzu che sognava.
Poi Chuang Tzu si svegliò e, a giudicare dalle apparenze, era di nuovo se stesso,
ma ora non sapeva se fosse un uomo che sognava di essere una farfalla
o una farfalla che sognava di essere un uomo."
(Gli insegnamenti di Chuang Tzu)*
*http://cicloappuntamenti.forumfree.it/?t=59258348

venerdì 23 agosto 2013

I have a dream

I have a dream...
 
Vedo la mia casa, le mie montagne: gli orti curati, frutteti, campi di patate: nella stalla qualche mucca, qualche gallina nel pollaio, cani, gatti, due o tre cavalli.
 
Un piccolo laboratorio per la lavorazione del legno, in quel posto che io conosco, lontano dalle luci, il piccolo osservatorio.
 
C'è il negozio: si vendono frutta, verdura, oggetti di legno, mappe stellari, giri a cavallo, notti nelle due camere messe a disposizione. C'è un forno acceso, per le patatine fritte take-away, in cui le patatine vengono preparate al volo, sbucciando le patate e affettandole sul momento: ognuno se le può fare come vuole.
 
Non si paga in denaro... si scambia: vestiti, libri, lavoro. Una mano nell'orto serve a pagare un giro a cavallo; riparare la staccionata ti consente di avere una cassetta di frutta e verdura a piacere; aiutare a badare agli animali, imparare a mungere, dare una mano con l'impianto elettrico (solo fonti rinnovabili ovviamente), wi-fi libero e gratuito.
   
Oppure lezioni: insegnare a qualcuno a riparare un motore, un tavolo, un vestito bucato... Arte: ballare, recitare, cantare, suonare, dipingere... Scalare una montagna, riconoscere i segni del tempo.
 
Ce ne sarebbe anche per l'inverno: spalare la neve, fare gli igloo, imparare a sciare, fare legna per la stufa... andare in slittino, visitare le montagne con le racchette di neve ai piedi.
  
Nessun ristoratore, nessun camerieri: tutti cucinano, tutti servono, tutti si aiutano gli uni gli altri... e alla fine si mangia tutti assieme.
  
Vedo la mia terra piena di persone che insegnano e imparano: bambini che giocano scalzi nei prati, canzoni al suono delle chitarre, mani sporche di terra, risate, balli, gente che dorme sul fieno che ha aiutato a raccogliere... Vedo le lunghe passeggiate, a piedi o a cavallo o in bicicletta. Le lunghe notti ad osservare il cielo, o attorno al fuoco a raccontarie vecchie storie.
  
Vedo una vita lenta, che segue le stagioni e le persone di passaggio che si fermano e lasciano lì un pezzo della loro anima, portandosi via un pezzo della mia... Vedo famiglie riscoprire il piacere di fare le cose assieme, lavorare assieme, giocare assieme.
 
Vedo la mia casa piena di amici, piena di amore, vedo il tempo... che torna a scorrere lento...
 
Vedo questo posto incantato tra le montagne: lo chiamerò... Eden...
 
I have a dream...


* Foto by Adinalexa - https://plus.google.com/118253963994453311141/photos?banner=pwa

martedì 20 agosto 2013

Giornata copia-incolla... quasi

Conosci l'espressione «non avere nulla»? È un insegnamento zen. "Se incontri un Buddha, uccidilo. Se incontri un tuo antenato, uccidilo. Non avere legami, non essere schiavo di nessuno. Vivi semplicemente per la tua vita." È l'unico insegnamento che mi è stato trasmesso dal mio predecessore. Ecco perché continuerò ad uccidere senza alcuna pietà... CHIUNQUE MI SI PARERÀ DI FRONTE! Che si tratti del nemico o di qualcun altro, non fa differenza.





Genjo Sanzo Hoshi

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Ho sentito dire che per te il rosso è il colore della penitenza... penitenza decisa da chi? Dio? Dio non salva nessuno, ricordalo! L'unico ad essere in grado di salvarti sei tu stesso. Sei libero di morire, è una buona via di fuga, ma se tu morissi le cose rimarrebbero invariate. Se invece decidessi di vivere le cose potrebbero cambiare.

Genjo Sanzo Hoshi

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Tieni la mente al centro, senza oscillazioni.
Sii calmo di spirito e non ti distrarre assolutamente.
Devi essere fluido e sensibile, libero e aperto.
Anche se il corpo è tranquillo non rilascare l'attenzione;
non lasciare che il corpo venga influenzato dalla mente, o viceversa.
Controlla la mente e lascia libero il corpo.

Miyamoto Musashi (Il Libro dei Cinque Anelli)

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La rigidità è propria della mano morta e la morbidezza è della mano viva.

Miyamoto Musashi (Il Libro dei Cinque Anelli)

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Se voglio dominare me stesso,
devo prima accettare me stesso;
procedendo d’accordo
e non contro la mia natura.

Bruce Lee

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Saper attendere è altrettanto importante che saper colpire.
E' nella staticità che potrai trovare la pace
e la serenità delle tenebre.
Nell'azione potrai abbracciare la luce.

Detto delle Arti Marziali

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A volte provo... nostalgia. Mi sorprendo a pensare a tempi lontani, ad avventure fantastiche, amici scomparsi da tempo... 

Mi sorprendono questi pensieri così reali, di ricordi di una vita che non dovrei mai aver vissuto. Mi sento così vecchio a volte. Anzi, non vecchio, antico: come se avessi vissuto decine di vite e ora fossi giunto alla fine di un cammino tortuoso e avventuroso. Mai, nella mia vita, ho provato vero entusiasmo, mai la folle energia dei giovani... 

E quando mi costringo ad allenarmi, in nome della mia giovane età, mi sento come un vecchio rudere, che non si rassegna al fatto che il suo tempo sia ormai passato...

E' così... il mio tempo è ormai passato: questo non è più il mio mondo. Mi guardo attorno, smarrito, rimpiangendo gloriosi tempi passati: tempi che non ricordo, ma che... sento...

Rimpiango quei tempi e vivo in attesa di una fine, desiderando un'ultima grande battaglia, desiderando un ultimo guizzo di quella forza che un tempo è stata mia, un'ultima prova del mio valore. Un'ultima grande battaglia, prima di trovare finalmente la pace del mio spirito..."

Il bambino antico - Joker


lunedì 19 agosto 2013

Alla ricerca del tesoro nascosto - XII - Lo spirito di fuoco

- "Maledetto! Folle! Sciagurato!!!*"
La pace prodotta dal cando dell'uccello dorato durò poco: il Re era fuori di sé.
   
Le fate volarono tutte fuori dalla finestra, sulla scia dell'animale: RI mi afferrò sotto le spalle e mi sollevò con facilità, volando fuori assieme alle altre fate. Fui grato di ciò... non ce l'avrei davvero fatta a rincorrerli.
- "Meriteresti che ti lasciassi cadere nel vuoto!*" Mi disse, facendomi ondeggiare ad un'altezza vertiginosa.
<<Mi pareva strano che ci avesse presi per gentilezza...>> Osservò la mia voce.
- "Stai tranquillo. Non ti faccio cadere...*"
    
Nonostante il rimprovero, non sembrava arrabbiata: anzi, un sorriso divertito, che non poteva nascondere, le incorniciava il viso. E non era l'unica: Regina Morgana, FI e tutte le altre fate sembravano improvvisamente tutte di buon umore. Iniziarono ad udirsi le prime risate, poi l'euforia esplose.
    
L'uccello d'orato si posò, su una delle alture che circondavano la città nel bosco e tutte le fate gli atterranono intorno: chi piangeva, chi rideva. Qualcuno iniziò a suonare e si scatenarono le danze. Al centro l'uccello d'orato osservava la scena con i suoi occhi pazienti e tranquilli.
   
<<Queste fate sono proprio strane...>> Disse l'altro me.
- "Attendevamo questo momento da tanto tempo.*" Rispose RI. "Sai, quando le risposte sono dentro di te, ma non riesci a vederle: poi, all'improvviso, qualcosa succede e allora tutto ti sembra chiaro. Forse quell'evento ti sembra drammatico all'inizio: anche io sono stata presa dal panico, quando hai liberato l'uccello dorato e mi sono sentita disperata. Ora però lo vedo... è ciò che serviva, serviva per andare avanti, per trasformarsi e proseguire sulla lunga strada della vita. E ogni fata lo sente, per questo festeggiamo.*"
    
Atterrammo sull'altopiano e subito venimmo circondati da fate in festa: un fruscio di ali e di risate, di balli e di abbracci. Farfalle, rondini, aquile, libellule e ogni altra cosa in grado di volare mi circondava in un turbine di colori. Persi di vista RI, ma mi lasciai contagiare dalla festa: mangiai, bevvi, ballai, risi e cantai. La festa andò avanti fino a tarda notte e alzai un po' troppo il gomito...
   
Alla fine tutti dormivano... Io no. Buttato in un angolo, con la testa che girava, guardavo il cielo stellato, pensando agli eventi degli ultimi giorni.
- "Nemmeno tu dormi...*" Bisbigliò una voce accanto a me.
- "Sei tu RI...*" Bisbigliai a mia volta, riconoscendo al buio la sua pelle bianca da corteccia di betulla.
- "Vieni.*" Mi disse. "Facciamo due passi.*"
Mi alzai un po' malfermo e la seguii: le fate dormivano qua e là, sul terreno abbracciate, sugli alberi. Seguii RI nella foresta, lungo un sentiero che si inerpicava in salita.
   
Non ero così sicuro sulle gambe, così, ad un certo punto, lei mi prese una mano e mi condusse: rimasi sorpreso di sentirla morbida e calda. L'aspetto da corteccia, mi aveva fatto pensare ad una pelle ruvida e legnosa: senza volerlo cominciai a fantasticare... d'altronde mi aveva svegliato nel cuore della notte e stavamo andando via soli...
     
Ci inerpicammo per qualche minuto, finché non uscimmo dal folto degli alberi e ci ritrovammo in cima ad una sporgenza rocciosa, che dominava il bosco sottostante: la radura dove l'uccello dorato e le fate dormivano, dopo la festa, era ben visibile. Ancora più in basso, si potevano vedere i palazzi e le case della città delle fate.
     
Poi, un luccichio lontano attirò la mia attenzione: la luna sorgeva all'orizzonte, in fase calante, ma ancora più di metà. La sua luce si diffuse immediatamente sulla foresta, dandole uno splendido colore argenteo.
- "Bellissimo, non è vero?*" Chiese RI, vedendo il mio volto estasiato.
- "Meraviglioso...*" Mormorai.
Si avvicinò a me e mi posò le mani sul petto, chiudendo gli occhi. Chiusi i miei e abbassai la testa, per baciarla...
...
...
...
Secondi passarono e non accadde nulla.
    
All'improvviso, sotto il punto del petto in cui mi stava toccando, sentii un violentissimo calore. Boccheggiai, riaprendo di colpo gli occhi.
- "Stai fermo." Disse lei. "E togliti quell'espressione idiota dalla faccia..."
Una luce emanava dalle sue mani e scendeva dentro di me, donandomi calore in tutto il corpo.
- "Che... che mi stai facendo?" Chiesi.
Non rispose, ma sembrò concentrarsi ancora di più. E allora il fuoco divampò in me: fiamme... le potevo sentire scorrere in tutte le mie vene. Strinsi i denti per non gridare, ma non ci riuscii. Gemetti. Durò qualche secondo, ma alla fine la testa mi girava... e dovetti appoggiarmi alle mani di RI per stare in piedi.
- "Questo è lo spirito di fuoco." Rispose lei. "E' il tuo premio, per aver fatto cantare il leggendario uccello d'orato. Il Re mi ha incaricato di portartelo e così ho fatto. Ma ricordati, lo spirito di fuoco consuma tantissime energie: ti sentirai esausto dopo averlo scatenato e servirà tempo, cibo e riposo, prima di poterlo utilizzare di nuovo. Quindi usalo con intelligenza."
Detto ciò, tolse le mani dal mio petto e si allontanò: la fissai negli occhi, un po' deluso.
- "Non era quello che ti aspettavi?" Chiese lei.
<<Lo sai benissimo a cosa pens...>> cominciò la voce nella mia testa.
- "No, cioè sì... volevo dire... grazie..." Balbettai, arrossendo e facendo tacere il me interiore.
Lei scoppiò a ridere, con la sua solita irritante risata scampanellante.
- "Non c'è di ché, Bambino Fatato! E ora riposati, domani hai una principessa da salvare." Mi fece l'occhiolino, poi si voltò e volò via in un batter d'ali.
<<Se n'è andata...>> Osservò il mio interiore. <<Chissà se la rivedremo ancora.>>
- "Chi lo sa?" Risposi. "Qui tutto è possibile."
Chiusi le mani a pugno e sentii il fuoco formicolare in ogni vena e pulsare dentro di me.
   
to be continued...

venerdì 16 agosto 2013

La bestia è fuori

E qual è quei che volontieri acquista,
e giugne ’l tempo che perder lo face,
che ’n tutti suoi pensier piange e s’attrista; 57

tal mi fece la bestia sanza pace,
che, venendomi ’ncontro, a poco a poco
mi ripigneva là dove ’l sol tace. 60
*


- 'Mi sento... strano.' Dissi.
- 'Guardalo? Ti sta antipatico?'
- 'No! Perché mai dovrebbe, non mi ha fatto nulla! Anzi, è un tipo in gamba, carino...'
- 'Eppure non riesci a mangiare.'
Da due giorni non toccavo cibo.
- 'Qualcosa ho mandato giù stamattina...'
Lei scosse la testa: capì benissimo che stavo mentendo.
- 'Stai parlando con la testa, con la ragione. Prova ad andare più giù. Chiudi gli occhi... dimmi, se pensi a lui cosa senti?'
Era davvero assurdo: questo tizio non lo avevo mai visto prima, cosa mai avrebbe dovuto farmi pensare? Eppure... qualcosa c'era...
- 'Dolore... tristezza... paura...' Dissi, mano a mano che queste emozioni uscivano.
- 'Ancora più sotto.' Mi disse.
- 'Non c'è nulla più sotto...'
C'è, lo so che c'è... ma non voglio.
- 'Non aver paura. Ci sono io qui con te. Apri gli occhi e alzati.'
Così feci. Lei mi prese per mano e mi portò davanti a lui. Tutti erano in cerchio e mi guardavano, sereni e curiosi. Anche il tipo davanti a cui mi ero fermato, sorrideva tranquillo...

- 'Respira.' Mi disse lei. 'Respira profondamente. Tieni gli occhi fissi nei suoi.'
Respirai, due, tre volte... all'improvviso un conato di vomito violentissimo mi piegò e caddi in ginocchio.
- 'Stai su.' Mi disse lei rimettendomi in piedi. 'Stai su e guardalo negli occhi.'
Secondo conato di vomito, ancora più forte, ma stavolta rimasi in piedi. Fermai con un gesto della mano un assistente che stava arrivando con un secchio: non stavo per vomitare, lo sapevo... E poi nello stomaco non avevo nulla da due giorni.

Iniziai a tremare. Tremavo così forte da far tremare anche lei, che mi teneva una mano sulla spalla. Cercai di afferrarmi a lei per non cadere.
- 'No! Stai su! Lo puoi fare!'
Stetti su e respirai: un altro conato... ma questa volta, finita la tosse violenta, un grido strozzato mi uscì di gola.
- 'Ah! Ecco!' Esclamò lei soddisfatta. 'Falla uscire!'
- 'No... non voglio!' Rantolai io.
- 'Fissalo negli occhi e falla uscire!'
Altro conato, più breve e alla fine un ringhio animale... un suono che non era più nulla di umano. Le dita mi si contrassero come artigli di una bestia assetata di sangue.
- 'Ci siamo.' Disse lei. 'Batti i piedi e respira, respira nel terzo chakra.'
- 'E che cazzo è il terzo chakra?!'
- 'Lo stomaco, lo stomaco, respira nello stomaco.'
- 'E dì "lo stomaco" per Dio!'
- 'Tu fallo e basta! Guardalo, guardalo negli occhi. Cosa dicevi prima? E' un bel ragazzo, intelligente...'
Gridai! Anzi, per meglio dire... ululai. Mi sentii gli occhi iniettarsi di sangue.
No... Adesso non lo vedo più, né bello... né intelligente...
- 'Cosa vedi?' Mi chiese lei.
- 'Vedo... un pallone gonfiato. Un pezzo di merda!'
- 'Bene, cosa gli vuoi dire?'
- 'Non sei così speciale...'
- 'Forse non ti ha sentito.'
Fu allora... che scattò qualcosa: l'ultima barriera cedette. Iniziai a iperventilare, a ringhiare e infine gridai, di quegli urli che si fanno con tutti i visceri.
YOU ARE NOT SO SPECIAAAAAAAAL!!! (NON SEI COSI' SPECIALEEEEEE!!!)
Mi uscì in inglese, l'avevo pensato in italiano... aveva senso, in quanto il tizio a cui mi rivolgevo essendo straniero avrebbe dovuto aspettare la traduzione, per capire cosa gli stessi urlando. Invece io volevo che lo capisse subito.

- 'Ancora!' Mi incitò lei. Tremavo, sbavavo e ringhiavo come un animale. Avevo terrore di me stesso, ma ormai non potevo più fermarmi.

- FUCK YOUUUUUUU! SON OF A BIIIIIITCH!!! (FANCULOOOO! FIGLIO DI PUTTANAAAAA!!) Morire... Mi sentivo morire... Senza cibo da due giorni, il mio corpo si scuoteva come in preda alle convulsioni: sentii che in quel momento avrei potuto uccidere... anzi, mi sembrava quasi la cosa più giusta da fare.

- 'Ancora!'
- I HATE YOUUUUUUUUU!!! (TI ODIOOOOOO!!)

Non ho ben chiari i momenti successivi: gridai, diedi di matto, sbavai e ringhiai come un cane rabbioso impazzito. Non so quanto ci misi a tornare in me... Barcollai... attorno a me qualcuno piangeva, a qualcun altro veniva da vomitare. Il tizio di fronte a me mi guardava a bocca aperta, paralizzato e stordito...

Crollai, ma qualcuno mi sostenne per le braccia e mi aiutò a tornare al mio posto. Le gambe non mi tenevano...

Ci volle un po'... perché fossi di nuovo in grado di parlare.
- 'Come ti senti?' Mi chiese lei.
...
- 'Come ti senti?!'
Qualcuno mi diede dell'acqua, che io bevvi avidamente. Tirai un profondo respiro.
- 'Ho... ho fame...' Dissi infine.




*Divina Commedia, Canto primo, 55-60

martedì 13 agosto 2013

Ridi pagliaccio

Recitar! Mentre preso dal delirio,
non so più quel che dico,
e quel che faccio!
Eppur è d'uopo, sforzati!
Bah! sei tu forse un uom?
Tu se' Pagliaccio!
Vesti la giubba,
e la faccia infarina.
La gente paga, e rider vuole qua.
E se Arlecchin t'invola Colombina,
ridi, Pagliaccio, e ognun applaudirà!
Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto
in una smorfia il singhiozzo e 'l dolor
Ah, ridi, Pagliaccio,
sul tuo amore infranto!
Ridi del duol, che t'avvelena il cor!



giovedì 1 agosto 2013

Il segreto della felicità

Chiudo gli occhi e scendo nel mio luogo magico interiore.
Passeggio nei sentieri oscuri della mia mente, non so dove mi condurrà, solo l'istinto mi guida.
Colgo un lucchio, in lontananza e lo seguo: mi chiama, lo sento. D'improvviso, davanti a me, compare un lago.
 
Una luce splende nell'acqua: affascinante, seducente, me ne sento attratto. Un qualche oggetto luminoso e bellissimo è là, da qualche parte sul fondo.

- "Quella è la felicità." Disse una voce. "Vai! E' tua! Prendila!"
Desiderai con tutto me stesso di raggiungere "la felicità", così mi tuffai a capofitto nel lago.
E nuotai e nuotai, in direzione di quell'oggetto luminoso: pensavo di averlo raggiunto, quando... diamine, si era spostato appena un po' più in là. Nuotai e nuotai, ma quello si spostò ancora... mi mancò l'aria e dovetti riemergere. Eccolo là, dispettosa e sfuggente, la mia felicità: lucente e seducente sul fondo del lago, ma sempre un po' più in là di dove sono io...

Ah, non mi arrendo di certo: mi alleno, mi preparo, imparo a nuotare meglio e più veloce.
Mi rituffo, nuoto, veloce e in profondità: "Stavolta non mi scapperà!" Penso.
E invece... eccola là, vicina a me, di fronte a me, mi invita, mi chiama... ma è sempre fuori dalla mia portata.

Provo... e riprovo... e provo ancora. L'oggetto luminoso è sempre troppo veloce.
- "Non merito la felicità..." E' l'ovvia osservazione a cui giungo.

Mi siedo sul bordo del lago e piango, con la testa tra le mani.
- "Perché?" Mi chiedo. "Perché la felicità è così vicina, mi invita, mi chiama... ma poi sfugge? E' questo il gioco di un Dio crudele?"

E una lacrima cadde dal mio viso... e molte altre ne seguirono. Piansi, piansi e piansi: piansi così tanto che si formò una piccola pozzetta d'acqua ai miei piedi.

Quando ebbi finito le lacrime (ma non per questo ero meno triste), mi asciugai gli occhi e osservai la pozzetta d'acqua che le mie lacrime avevano formato ai miei piedi. E quale fu la mia sorpresa, nel vedere una luce dentro di essa. La felicità! La felicità si era sposata dal lago dentro le mie lacrime!!

Affondai le mani nella pozzetta... ma le ritirai vuote: riprovai, ma ancora niente. Eppure la luce era lì, che danzava assieme all'acqua smossa dalle mie mani maldestre! Perché non riuscivo ad afferrarla?

Fu allora che capii... compresi ogni cosa e tutto attorno a me si illuminò.
La luce che vedevo nel lago, nella pozza di lacrime, non era un'illusione.

Era... un riflesso... il riflesso della luce che proveniva da me!!
Eccola qui la luce! Dentro di me! Certamente non potevo catturare il riflesso nel lago, né quello nelle lacrime. Inseguivo un riflesso di qualcosa che è dentro di me!

Eccola qui la felicità! Dentro di me!

Torno... percorrendo al contrario i sentieri oscuri della mia mente. Non ho niente di più di quello che avevo quando sono entrato. Eppure ho molto di più: ho consapevolezza. Spesso ho inseguito mille riflessi e riflessioni, convinto che fossero la felicità e non mi rendevo conto che sono io la felicità, sono io essere di luce che illumina il mondo!

Ho capito due cose in questo mio viaggio:
1 - la felicità non è qualcosa da raggiungere o inseguire, ma solo da scoprire
2 - per scoprire la felicità dentro di noi, beh, sì, qualche volta bisogna piangere molto...