martedì 6 dicembre 2011

Solo una storia

C’era una volta un uomo, un uomo che aveva sempre molta fretta.
Camminava veloce, per andare a lavoro: non alzava mai la testa dalla sua strada e, se qualcuno osava importunarlo, lo mandava via a male parole. Era molto infastidito dagli imprevisti, dalla gente troppo chiacchierona, da qualunque cosa gli facesse perdere tempo prezioso: il tempo si sa, è denaro.

Al mattino salutava in fretta moglie e figli: zittiva infastidito il bimbo che cercava di raccontargli delle sue scoperte da bambino. “Cresci!” gli diceva. “Non diventerai mai qualcuno, se perdi tempo per queste sciocchezze.”

E l’uomo continuò a correre e lavorare, ma, per quanto corresse, il tempo a sua disposizione non aumentava. Anzi, era sempre meno. Diventò sempre più inquieto, e nervoso. Sempre più irascibile con chi gli faceva perdere tempo. Allora corse di più…

Venne Natale… Che fastidio… che inutile perdita di tempo era il Natale. Andò di corsa in un negozio e si fece consigliare dalla commessa i regali più belli e costosi. Non aveva tempo per scegliere lui: e non avrebbe nemmeno saputo cosa prendere, non sapeva cosa piacesse davvero ai suoi figli. Non aveva tempo di ascoltare le loro sciocchezze da bambini…

E fu ancora più infastidito, quando si ricordò di aver promesso alla sorella di andare a trovare l’anziano padre alla casa di riposo. Che inutile perdita di tempo era. Suo padre ormai camminava a fatica e aveva solo pochi momenti di lucidità, nei quali gli raccontava vecchie storie inutili e noiose. Era curvo… aveva i capelli bianchi… una serie infinita di anni e vicissitudini impresse sul volto.

Una volta era stato un uomo forte, ma ora? Le gambe non gli permettevano più di correre e faticare: ora che non poteva guadagnare, che non poteva produrre, era diventato solo un fastidioso scarto, da gettare in un angolo. A cosa gli era servito correre e affannarsi tanto? Gettare via i suoi affetti, il suo tempo così prezioso? Cosa rimaneva ora di tutto quello che aveva fatto. Aveva accumulato soldi, case, auto e ora giaceva su una sedia abbandonato da tutti, senza quasi più sapere chi fosse.

Fu un attimo… prima che quelle parole entrassero nella mente dell’uomo. Guardando il proprio padre chino su quella sedia, ormai ombra di sé stesso, l’uomo si rese improvvisamente conto che stava semplicemente osservando sé stesso.

Era Natale… e lui non aveva tempo. Trovava fastidiosa la presenza dei suoi stessi figli e, per sopperire alla sua assenza, li copriva con regali costosi. E quando loro osservavano tristi la sua schiena, mentre se ne andava, pensava quasi con rabbia che erano degli ingrati: che cosa potevano volere di più, se non altri giochi nuovi?

Aveva gettato il suo tempo per avere soldi, soldi con cui comprare inutili cianfrusaglie per farsi perdonare dalle persone… farsi perdonare di non avere tempo per loro! Si credeva tanto importante, col suo lavoro e le sue responsabilità, ma stava solamente bruciando la sua vita, una banconota alla volta…

Era Natale… e suo padre stava a marcire solo in una stanza… perché lui non aveva tempo.
Presto quella sedia sarebbe stata vuota, avrebbe liberato il posto. Il posto per lui…

Non c’è finale a questa storia: forse quell’uomo prese suo padre e lo portò a casa e passò un Natale felice con la sua famiglia. Forse iniziò ad osservare ciò che gli succedeva intorno: non si arrabbiò più se qualcuno gli faceva perdere tempo, ma anzi scoprì che gli piaceva conversare, gli faceva bene al cuore.

E forse fu ancora più sorpreso, quando scoprì che, così facendo, il tempo non svaniva, anzi, aumentava. E che era tempo piacevole, passato in compagnia a coltivare affetti, gioire e, perché no, asciugare qualche lacrima.

Forse si stupì, quando portò i figli al negozio di giocattoli, ma questi abbandonavano inutilizzati i giochi e preferivano giocare con lui: niente luci elettroniche e robots di plastica. Era molto più divertente rincorrersi e fare la lotta. Costruire insieme l'albero di Natale e il Presepe. Leggere insieme una storia. E quanto si divertiva anche l'uomo, a riscoprirsi così bambino in quei giochi.

Forse cominciò ad ascoltare il padre, che era vecchio, ma aveva tanta saggezza da regalare.

Forse cominciò a capire che un sorriso vale più di una Ferrari e che il mondo è fatto dalle persone, non dal denaro.

Forse accumulò meno soldi, ma fu certamente, molto più ricco.

E’ solo una storia… parla di tempo, di denaro, ma soprattutto parla del giusto valore. Il giusto valore del tempo, il giusto valore della nostra vita. E’ una storia senza finale, perché il finale saremo noi a scriverlo… sempre se avremo tempo per farlo, sempre se avremo il tempo... di vivere.



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