venerdì 28 dicembre 2012

Scalare la montagna - 2

A volte vivere è proprio come scalare una montagna.
 
La strada è in salita, oppure in discesa, quasi mai in piano. Puoi incontrare luoghi magici e bellissimi e sorgenti a cui dissetarti, oppure luoghi irti di rocce e pericolosi, da cui puoi cadere e schiantarti.
 
Siamo tutti piccoli di fronte alla montagna e chiunque la ami davvero, sa che bisogna avvicinarsi ad essa con umiltà e con rispetto. La montagna va capita, ma assecondata, va sedotta, va studiata, sfidata a volte... ma non bisogna mai prenderla con leggerezza, o con arroganza, o con prepotenza... 
  
Non siamo noi ad essere "bravi" a scalare una montagna: è la montagna a darci il permesso o meno di salire su di essa. Il buon scalatore sa sedurre la montagna, affinché essa ci apra le sue braccia e ci accolga; soprattutto sa accorgersi quando la montagna è di cattivo umore, quando è furiosa, quando è meglio non disturbarla.
 
Suv, fuoristrada, piste a 4 corsie... alcune persone pensano di poter dominare la montagna con la forza, di piegarla ai propri voleri. E la montagna li lascia fare, pare... ma pensateci; quando la montagna vi accoglie, vi apre le braccia, vi porta in alto, vi fa sentire vittoriosi e meravigliosi, in cima al mondo, è una delle sensazioni più belle del mondo.
 
Una sensazione che la montagna custodisce gelosamente e da solo a chi sa conquistarla.
  
Questi stupidi che pensano di sentirsi tanto grandi, perché hanno mezzi potenti, perché violentano la montagna con la propria furia, perché arrivano ovunque senza fatica... in realtà non avranno nulla. Non proveranno la meravigliosa sensazione di aver raggiunto il cielo, non sentiranno la gioia di aver aperto il cuore al mondo.
  
Arriveranno in cima certo, velocemente, senza sforzo: ma i loro occhi si apriranno sul nulla, poiché il loro cuore è rimasto chiuso, perché la montagna non gli concederà il suo amore. E si sentiranno male, vuoti, annoiati...
  
La vita è come scalare una montagna... puoi sedurre la vita, ascoltare la vita, parlare con la vita. La vita poi non è altro che ciò che abbiamo nel cuore. Noi stessi, i nostri sentimenti, le nostre paure e passioni sono la montagna che noi scaliamo vivendo.
 
Quante volte facciamo come gli stupidi: pensiamo che con un Suv (o un cellulare, o spiagge alle maldive, o altre stupidaggini) arriveremo alla cima della montagna, in cima alla nostra vita. Certo, ci arriveremo, ma saremo vuoti, perché avremo schiacciato tutto ciò che sulla via abbiamo incotrato.
 
Troppe volte ci violentiamo e poi stiamo male, stiamo male perché non abbiamo trovato quell'amore di cui abbiamo tutti bisogno.
 
Semplicemente perché sembrava troppo faticoso andarlo a cercare: ci vuole troppo tempo per ascoltare la vita, capire la vita... troppa fatica per sedurre la nostra montagna, affinché ci accolga.
  
Ritroviamo allora il gusto di conquistare la vetta: un passo alla volta. Impariamo a conquistare noi stessi, col pensiero prima di tutto e poi con l'azione.
 
In fondo vivere è bello, anche se faticoso... proprio come scalare una montagna...
 


sabato 22 dicembre 2012

Scalare la montagna

Quello che vi racconto oggi, è una cosa davvero accadutami qualche anno fa, per l'esattezza il 9 luglio del 2006...

Non stavo bene in quel periodo, fisicamente e emotivamente... non ero felice.
Ero malato, prendevo medicine... tante medicine... ed ero stanco, tanto stanco di vivere e di soffrire...

Una mattina mi svegliai... erano le 5 di mattina. Il dolore era in tutto il corpo... insopportabile... mi tormentava da settimane...
Mi alzai barcollando a prendere le medicine che mi avevano dato, per calmarlo; aprii la confezione e rimasi là, con la pastiglia in mano.

"Non si può vivere così..." pensai.

Avrei voluto gridare tutta la mia rabbia contro Dio! Un Dio che mi puniva senza motivo! Un Dio che non mi considerava, che se ne infischiava di me! E... diamine, decisi di farlo davvero! Pensai alla grande croce di pietra che qualcuno aveva messo in cima alla montagna...

Prima che me ne rendessi conto, le medicine erano nella spazzatura e io ero sul sentiero. In principio provai a correre, ma la salita era dura e fui costretto a camminare. Il dolore mi faceva impazzire, l'aria fredda e pungente mi feriva la gola e i polmoni... le gambe tremavano nello sforzo.

"Adesso mollo." Mi dicevo. "Faccio ancora 100 metri e torno indietro."

Ma poi, fatti quei cento metri, mi dicevo "Arrivo fino a quel sasso, fino a quell'albero..."

La luce aumentava... qualche uccellino si fece sentire tra gli alberi. Il sentiero si apriva sulla valle, di tanto in tanto e io osservavo le case e i villaggi farsi sempre più piccoli, mentre continuavo a ripeterrmi "Ancora un passo e mi fermo, ancora un passo..."

E così continuai a salire... Bruciavo di febbre, la saliva si era fatta spessa e non riuscivo più a deglutire, il cuore mi martellava nelle orecchie, nella gola, nella schiena, ovunque... Ma io non ascoltai.

Avanti e avanti... un passo alla volta. Passai l'ennesima curva, superai l'ennesima salita ripida... Non so quando accadde, ma ad un certo punto, seppi con assoluta certezza che non sarei tornato indietro. Sarei arrivato in cima. Smisi di ripetere il mantra "torno indietro, torno indietro"...

Sentivo qualcosa di diverso in me, sentivo una forza nuova e sconosciuta che spingeva le mie gambe. La stanchezza era svanita e io mi sentivo leggero. E corsi... corsi dimentico di tutta la strada che avevo fatto fino a quel momento.

Arrivai sulla cresta della montagna, ormai la cima era alla portata dei miei occhi... e proprio in quel momento, il sole fece capolino tra le montagne e mi illuminò! Un branco di cervi fuggì, sentendomi arrivare e io mi sentivo forte, veloce come loro, mentre le gambe mi spingevano verso l'alto. Gli ultimi cento metri li feci quasi volando!

Mi fermai ansante ai piedi della grande croce. Un cielo enorme, azzurro, si stagliava su di me, illuminato da uno splendido sole. I paesi, le valli, la mia vita, i miei problemi, erano piccole cose lontane sul fondo: ero in cima al mondo!

Avevo percorso 12 chilometri, con 1000 metri di dislivello... erano passate due ore, dal mio terribile risveglio. E mi avevano detto di evitare gli sforzi...

Mi resi conto solo allora di sentirmi bene, come non mi ero mai sentito prima: di non provare più dolore, né disperazione, né paura. Allargai le braccia, inspirando a pieni polmoni e urlai, non più di rabbia, ma di gioia! E il mio grido riempì il cielo e rimbombò tra le valli!

Guardai la grande croce e chiesi a Dio
"Perché tutta questa fatica? Non potevi farmi stare bene e basta?"

La risposta mi venne in mente da sola.
"No, non potevo. Se tu fossi stato bene non avresti mai voluto urlare contro di Me, non avresti attraversato sentieri, boschi, dirupi per venirMi a cercare. Non avresti mai visto il mondo addormentato, la foresta, il sole all'alba che ti illumina, non avresti mai visto i cervi. Invece, affrontando il tuo dolore, hai scoperto la tua forza, la tua volontà, hai superato tutti i tuoi limiti pur di sfidarMi. Hai lasciato i tuoi dolori in fondo alla valle e hai scalato la Montagna!"




mercoledì 12 dicembre 2012

La storia dello sciatore

Ho imparato a sciare quando ero bambino.
Sono passati anni ormai, ma ricordo di aver già allora appreso una verità fondamentale.
Ricordo che i primi tentativi non erano stati incoraggianti... Nessuno nasce imparato, come si suol dire.

La cosa curiosa è che davo la colpa agli sci: "Questi non vanno bene, cado, non riesco ad andare." Ne provavo altri, ma il risultato era il medesimo. "No, non vanno bene nemmeno questi." Altro cambio, stesso risultato.

"Caspita, per quanti sci provo, il risultato è sempre lo stesso." Pensavo. E andò avanti così, finché non imparai a sciare. Perché ovviamente la colpa non era degli sci, era solo il fatto che non avevo ancora imparato; ma senza riflettere su questo punto, mi ero fatto l'idea che gli sci fossero cattivi, che ce l'avessero con me, che fossi io sfortunato a trovare solo sci che non funzionavano...

Sorrido, ripensando ora a quei giorni. Eppure vedo persone, ormai adulte e "mature"(?), fare lo stesso ragionamento.

"Con gli uomini/donne mi va sempre male. Il mondo è pieno di stronzi/e."
"Non trovo un lavoro che mi soddisfi, certo che il governo, i padroni, l'economia..."
"Non ho amici, nessuno mi capisce."

Ecc, ecc... gli esempi possono essere milioni. E come quel me stesso bambino, scarico la responsabilità sull'esterno, sull'oggetto, su qualcosa o qualcuno... al di fuori di me.

Ci sono sci migliori di altri, nessuno lo nega: è soggettivo, io posso trovarmi bene con alcuni sci, altri possono trovarsi bene con altri. Una cosa però è certa: finché non imparerò a sciare, qualunque tipo di sci mi sembrerà orribile.

E lo stesso vale per lavori, fidanzati, relazioni e tante tante altre cose.

Il primo passo è rendersi conto che, per cambiare una situazione che non ci piace, il primo passo è riconoscere che il problema non è solo fuori di noi (la neve, gli sci, ecc), ma è anche dentro di noi (imparare a sciare). Neve, sci, difficoltà sono immutabili, non si possono eliminare: ciò che possiamo fare è agire su noi stessi e imparare... 

E poi, una volta imparato, basta davvero poco, per divertirsi alla grande!


lunedì 10 dicembre 2012

Ogni momento ha le sue scelte, ogni scelta ha il suo momento

Il momento è ora.

Ogni tanto sarà capitato a tutti di pensare o dire queste parole.
Ogni momento della giornata ha le sue scelte da fare, e ogni scelta che dobbiamo prendere ha il suo momento.
Maturazione... questa è la parola che mi risuona in testa. Amo le metafore contadine, lo sapete. La terra ci regala verità straordinarie.

Noi siamo frutti, dentro di noi abbiamo frutti, dentro di noi abbiamo interi giardini. E ogni frutto, che è dentro di noi, è una scelta, una situazione, un ragionamento, di cui noi abbiamo piantato il seme. E se quel seme lo coltiviamo, lo curiamo, lo accudiamo... non servirà niente altro, quel frutto maturerà dentro di noi e noi lo coglieremo.

Troppe volte ci facciamo violenza, o subiamo la violenza di altre persone o del mondo: magari pretendiamo da noi che quei frutti siano già pronti, quando invece magari non lo sono. E noi stessi a volte lo facciamo con altre persone, pretendendo che sappiano compiere delle decisioni o fare delle scelte per cui non sono pronti.

E allora cerchiamo di estirpare, da noi stessi o dagli altri, un frutto, quando ancora la sua preparazione non è completa. Invece di attendere con pazienza il momento giusto, o aspettare con pazienza che la persona da cui vogliamo quel frutto sia pronta... strappiamo con la violenza quel frutto così com'è. E non saremo soddisfatti del risultato, perché quel frutto è acerbo, amaro, inmangiabile... e lo avremo rovinato per sempre, perché una volta strappato, non riusciremo più a rimetterlo al suo posto, perché prosegua la sua maturazione.

Troppe volte ho subito questo tentativo... Persone o situazioni che pretendevano: volevano che io fossi qualcosa che non sono, che dessi frutti che dentro di me non erano ancora maturi. E quanto è difficile dire: "No!". Quanto è difficile capire che quel frutto non è ancora pronto, che viene donato con violenza, anziché con pazienza?

Lo sentiamo dentro di noi... sentiamo una lacerazione, un dolore. E allora dobbiamo difendere i nostri frutti, coltivare quelli che desideriamo e raccoglierli solo quando sono maturi. Lo sentiamo dentro di noi, quando viene il momento di farlo.

Il momento è ora.

E solo quello è il momento giusto.

Devi dimagrire, sei grassa! Le donne se lo dicono spesso... ma invece di coltivare con pazienza dentro di loro il frutto della salute, cercano di strapparselo di dosso con la violenza. La salute peggiora e non vi sono risultati.

Devi studiare, sei stupido! Abbiamo le nostre scuole piene di bambini e ragazzi svogliati: solo perché invece di coltivare la loro curiosità e lasciare che spontaneamente ricerchino la conoscenza che più gli piace, li obblighiamo, li costringiamo, violentiamo le loro menti fertili per fargli dare i frutti che vogliamo noi... Creando così generazioni di gente depressa e svogliata, che non ha curiosità e amore per la vita.

Devi, devi, devi... Dammi, dammi, dammi...

E non facciamo altro che raccogliere frutta acerba e cattiva, che ci fa pretendere ancora di più...

La pazienza: la capacità di coltivare con amore e lasciare che ogni cosa maturi al momento in cui deve maturare. Per fare un bambino, bisogna paziantare nove mesi: se cercherò, per la fretta, di volerlo prima, lo ucciderò... 

Lasciamo che ogni cosa maturi e cogliamola.

L'altro taglio della lama, infatti, consiste nell'aver poi paura o pigrizia di cogliere quel frutto ormai maturo, col rischio che marcisca e sia dunque da buttare.

Lo facciamo spesso: magari risparmiamo per comprare qualcosa che ci sta a cuore e poi non la compriamo, perché ci sembra stupida o qualcuno ci convince che lo sia...  Oppure rinunciamo ad un corso, o ad un viaggio, che sentiamo di dover fare... Non cogliamo una trasformazione che sentiamo avvenire dentro di noi.

Ecco l'Ignavia, di cui ho già parlato in questo blog... Mi fa paura. Una paura dannata. Perché l'ignavia porta a non raccogliere i frutti, porta a marcire... Quanta gente marcisce nella propria vita?

Invece, come buoni contadini, dobbiamo compiere tutti questi passi.
Con amore e disciplina, seminare i frutti che desideriamo raccogliere.
Con cura e dedizione, prenderci cura di quei frutti, senza volerli vedere subito maturare, ma lasciando che essi stessi compiano il loro percorso di maturazione.
Raccoglierli al momento giusto, così che siano buoni e ci nutrano nell'anima.

Purtroppo, se uno solo di questi passi viene a mancare, non raccoglieremo nulla... e la nostra vita sarà sterile.
Se invece ci riusciremo, allora la nostra vita sarà piena di frutti e la nostra anima sarà appagata.



martedì 4 dicembre 2012

Spiriti indomabili

C'è chi ha sfidato il mondo... e ha perso.
C'è chi non ha ubbidito alle imposizioni... ed è stato schiacciato.

C'è qualcuno al mondo, che non riesce ad imporsi il buon senso: ha una forza dentro inarrestabile, che deve seguire ad ogni costo, contro ogni regola, ogni legge, rischiando tutto... affetti, libertà, perfino la vita.

La gente comune teme queste persone: le chiama folli, stupidi, criminali... e a volte criminali lo sono davvero.
Non hanno rispetto per nulla e nessuno: animati dalle proprie passioni e dai propri istinti, sono prigionieri innanzi tutto di sé stessi, di questa foga inarrestabile... Prigionieri della propria libertà.

Condanno i loro comportamenti: amo la libertà, ma questa non può essere utilizzata per distruggere le persone attorno a noi. Eppure... allo stesso tempo sono affascinato... Sento il richiamo dell'abisso, della parte oscura. La parte luminosa la bilancia, come in quasi tutte le persone... il buon senso prevale, ma non sempre.

Sono un border-line: sul ciglio dell'abisso... Avverto la paura del vuoto e vorrei fuggirne, ma allo stesso tempo mi attrae e non riesco ad allontanarmene. L'abisso mi chiama... vuole la mia anima, promette di saziare la mia anima affamata.

E' un gioco pericoloso...

C'è chi ha sfidato il mondo... e ha perso.

E pur tuttavia, hanno avuto il coraggio di lanciarsi, di provare... e si sono schiantati, distruggendosi.
Mi sporgo sull'abisso e vedo le loro anime sfracellate sul fondo... si sono scagliati oltre il bordo del dirupo con la foga e la follia che li possedeva, consapevoli o no di quanto rischiavano.

Non riesco a giudicarli, non posso: poiché una parte di me li vuole seguire, si vuole immergere nell'oscurità fino a sparire, fino ad impazzire e sganciare questi pesi che la razionalità ci impone di portare...

Sento il richiamo... e non posso fingere di non sentirlo...