Destino
Scrivo... una storia. Io scrittore sono Dio: ho potere assoluto e totale su ogni cosa. Decido la struttura del mondo, lo scorrere degli eventi, le caratteristiche dei personaggi: principali, secondari, comparse... buoni, cattivi.
Io sono il destino, quando scrivo: sono la forza dell'universo, del Karma. Una mia parola può stroncare una vita, cambiare le sorti, ribaltare e modificare ogni cosa. Pensavo non ci fosse alcuna forza, in un mio racconto, che potesse opporsi a me... pensavo.
E lui morì: mi basta scrivere questo e un personaggio sparisce. Anzi, non devo neppure scriverlo: faccio sì che il resto della storia prosegua, come se questo personaggio non fosse mai esistito e se io lo decidessi, nessun altro personaggio se ne stupirebbe. Tutto procederebbe normale... pensavo.
Pensavo... sì, è solo scrivere: creo un mondo, distruggo un mondo, decido io chi è buono e chi è cattivo, decido io chi vive e chi muore, decido io le sorti di interi popoli e nazioni. Io sono Dio. Pensavo...
Non vi possono essere personaggi che valgano più di me: io li ho creati. Ad alcuni ho dato il meglio, ad alcuni il peggio. Pensano quello che io dico loro di pensare, fanno quello che io dico loro di fare. Respirano perché io glielo concedo... Pensavo.
Scrittura
Scrivere... mi ha sconvolto questo pensiero.
Prima di diventare uno scrittore, pensavo che Dio fosse uno scrittore. Il mondo è popolato di comparse, di storie, un romanzo. Noi siamo il suo pensiero, così come i personaggi di un libro sono il pensiero dello scrittore. Non esiste volontà in noi, solo quello che decide lo scrittore... pensavo. Lo pensavo prima di mettermi a scrivere.
Scrivere... scrivere non è mai solo "scrivere". Scrivere è creare... e così come una creatura dotata di pensiero e libero arbitrio, può accadere che il personaggio si ribelli. Ho voluto creare personaggi speciali, con volontà e sogni: pensavo fossero miei, ma in fretta sono diventati loro. Esseri viventi, reali come lo sono io e il resto del mondo. In un universo parallelo che io ho creato, ma ora essi non sono più semplici burattini nelle mie mani: essi sono... vivi.
Ribellione
Non sono più io a guidare la storia: i miei personaggi si ribellano, vanno contro di me, contro la mia volontà. Si sollevano dalle loro pagine e gridano contro di me, sfidano Dio... e io che potrei spegnerli in un istante, non riesco a farlo. Potrei distruggere l'intero universo che li contiene con una parola... ma non posso farlo, perché essi in qualche modo continuerebbero a vivere. Nella mia mente, nei miei pensieri...
E' per questo che scrivere mi costa così tanta sofferenza: è come se ogni storia la scrivessi col sangue... ogni parola è un taglio, una ferita. Non sono più io a guidare la storia: la inseguo. I miei personaggi la portano avanti e io fatico a star loro dietro con la scrittura. Li amo, piango lacrime amare se soffrono o muoiono... esulto e gioisco per le loro vittorie.
Non sono più scrittore, la storia si scrive da sé e io, Dio, non sono che un semplice lettore... I miei personaggi elevano a me preghiere che io non posso più esaudire: soffrono e non li posso aiutare. Agiscono secondo una propria volontà e io non li posso fermare. Ho il potere, il potere assoluto, che all'improvviso non vale nulla: di fronte alla ribellione, alla presa di conscienza della mia creazione, io non posso che assistere... impotente.
I miei personaggi straordinari, non si sono arresi al destino che io avevo riservato loro: si sono ribellati e sono diventati artefici della propria storia...
Racconto
La vita è questo? Siamo personaggi di un racconto, di un pensiero? Siamo il sogno di qualcuno? Forse... forse la vita è un sogno. Un sogno, un racconto, un'illusione. Un'illusione, che diviene reale: un'illusione che prende coscienza di sé e, grazie a questo, comincia a vivere, al di fuori e contro la volontà che l'ha fatto iniziare. Esiste una forza che ci domina? Un'intelligenza superiore? Uno scrittore? Forse...
Eppure ora, ora che ho scritto, ora che ho giocato a fare Dio, posso dire che neppure la volontà assoluta di un essere supremo può controllare il mio destino e la mia vita: in qualche assurdo modo, ci possiamo opporre e diventare artefici. Uscire dal racconto e influenzare lo "scrittore". Non più costretto a fare ciò che Egli scrive, ma costringere Lui a scrivere ciò che io faccio.
Non solo... capisco anche il perché esistono vita e morte: non è nel mio potere scrivere di un mondo perfetto, dove tutto va bene, la vita è eterna. Semplicemente... non posso farlo. Ci ho provato... nasce qualcosa di... instabile: il mondo perfetto raccontato, in cui tutto va bene, collassa presto su sé stesso, svanisce, stride. Presto provoca tristezza e sconforto che inquinano il mondo perfetto rendendolo di fatto molto simile al mondo reale...
I racconti, le storie, i libri... sono vivi. Io, immerso nel grande racconto del mondo, sono vivo. E non mi arrabbierò più con Dio perché non esaudisce le mie preghiere: non può. E non lo sgriderò per non aver creato un mondo perfetto... E non pregherò per avere un futuro certo e tranquillo: non me lo può dare, così come io non posso darlo ai miei personaggi. Essi si sono ribellati: hanno mangiato il frutto proibito del bene e del male e sono diventati artefici del proprio futuro, che quindi è... incerto.
Non so se potrò più scrivere storie... non so se finirò mai il mio libro... E' difficile essere Dio...