Precipitare. Era questa la sensazione. Il buio era totale, nessun rumore, nessuna sensazione di tatto o di peso o di qualunque altra cosa. Vuoto. Vuoto totale. Eppure sentivo di precipitare...
"Sono morto." mi ricordai. "Succede così quando muori?"
Ero vigile, presente di me stesso: ma provando a muovere le braccia per toccarmi scoprii di non riuscirci. Ogni senso era morto: ero puro spirito, puro spirito che precipitava nel buio.
Precipitare. Ora però la sensazione era diversa, come se, oltre a cadere, girassi su me stesso. Girai e girai... finché non ebbi le vertigini. Divenni così consapevole della mia testa, mi ritrovai a sbattere le palpebre al buio. Girai e girai e venni sbatacchiato come da un tornado impetuoso; mi venne la nausea, divenni consapevole del mio cuore, che cominciò a rimbombarmi nelle orecchie. Divenni consapevole del mio stomaco, contratto nello spavento.
Annaspai, con le braccia e con le gambe... e picchiai, picchiai contro qualcosa di solido e duro. Il dolore mi trafisse la mente. Tastai, con più calma. Mi accorsi di essere sdraiato... una superficie ruvida mi graffiava la schiena. Provai ad alzarmi, ma picchiai la testa contro un soffitto troppo basso. Altro dolore, un gemito echeggiò nel buio. Era la mia voce... le mie orecchie ora percepivano, anche se gli unici rumori erano il mio respiro affannoso e il battito furioso del mio cuore.
Ripresi l'esplorazione con le mani: tutto attorno a me la stessa ruvida parete di legno. Mossi le gambe e anche quelle urtarono la stessa superficie... affannosamente mi girai, mi rivoltai, tastai, ma ovunque incontravo quel muro...
Iniziai a respirare affannosamente, mentre il terrore si impossessava di me. Picchiai ovunque, mi agitai, in quello spazio stretto, al buio, non potermi muovere mi faceva impazzire! Mentre un pensiero terribile si faceva strada in me...
"E' una bara!"
Iniziai a respirare affannosamente, mentre il terrore si impossessava di me. Picchiai ovunque, mi agitai, in quello spazio stretto, al buio, non potermi muovere mi faceva impazzire! Mentre un pensiero terribile si faceva strada in me...
"E' una bara!"
Gridai e la mia voce mi giunse strozzata! Picchiai a casaccio contro le pareti, con le ginocchia con le mani! Colpii troppo forte e sentii chiara la sensazione della pelle che si lacera. Gridai dal dolore... stare fermo però era impossibile. Mi assalirono i crampi... mi contorsi in ogni modo, piangendo e gridando, picchiando e strisciando ovunque, graffiandomi e lacerandomi il corpo nudo contro la parete di legno!
Andai in iper-ventilazione e sentii che stavo per impazzire... Fu allora che, forse, impazzii sul serio.
"Povero! Vorresti andare a piangere da mammina?"
Sobbalzai! Chi aveva parlato?
"Ci sei solo tu qui dentro, coglione!" Disse la voce in risposta, come se avesse letto nei miei pensieri.
Ero io a parlare, non c'era dubbio.
"E tu... chi sei?" Chiesi, turbato, a quella voce che usciva da me stesso.
"Non lo sai, è proprio questo il problema... Sono te, o meglio, ciò che di te non conosci, ciò che di te ti rifiuti di vedere e sentire. Per questo sei qui: io ti ho portato qui, dove tu mi hai rinchiuso, in questa bara, per anni e anni, al buio! Ora anche tu sai cosa si prova!"
"No! Nooo!" Gridai, picchiando ancora contro la bara. "Fammi uscire! Fammi uscire ti prego!!"
"Fammi uscire ti prego!" Mi canzonò la voce. "Venti anni ti ho supplicato allo stesso modo, venti anni di suppliche e grida inascoltate. Qui dentro ad impazzire da solo..."
"Non ti ho mai sentito..." mi giustificai piangendo, ma dentro di me sapevo che non era vero.
E allora piansi... piansi come non avevo mai pianto prima. Io mi ero rinchiuso in quella bara. Io mi ero ucciso. Non ero morto quella notte, ero morto da tanto tanto tempo e non me ne ero reso conto...
"Sei solo un inutile piagnucolo!" Mi rimproverò la voce. "Invece di disperarti, facci uscire di qui."
"E come?"
"Tu ci hai ficcati in questo guaio, tu ce ne devi tirare fuori! Avessi saputo prima come uscire da qui, non mi sarei data tanta pena per trascinarti qui dentro con me!"
Sentii bruciare una spalla. Allungai la mano e, non senza qualche difficoltà, mi estrassi dalla carne una lunga scheggia di legno.
"Non è poi così solida questa bara..." Pensai.
Tastai le tavole sopra di me. In alcuni punti in cui l'avevo colpita, c'erano irregolarità, il legno si era scheggiato. Iniziai allora a colpire, più forte a piantare le unghie nel legno. Una mi si spezzò, con uno scrocchio secco e io urlai, pazzo di dolore.
"Non fermarti! Gratta! Colpisci!" Mi incitò la voce.
Continuai... piangendo e gemendo... Schegge di legno venivano via, piano piano, rosicchiai e scorticai le tavole che mi tenevano prigioniero. Altre unghie mi si spezzarono, ma infine riuscii a fare spazio tra le tavole e infilai in mezzo le dita. Terriccio... terriccio mi cadde sul viso e sul corpo. Feci forza e più terriccio cadde.
Non so quanto tempo passò... non sentivo più le dita, il corpo era un unico dolore... Infine un asse cedette e mi ritrovai sommerso di terra. Boccheggiai disperato, alla ricerca d'aria. Artigliai la terra attorno a me... il peso mi schiacciava.
"Scava!" Mi gridò la voce. "Scava maledizione!"
Strisciai come un verme, mangiando terra, sputando e facendomi strada un centimentro alla volta. Avanzai... avanzai... smisi di pensare... smisi di ascoltare la voce che mi incitava. I gesti erano qualcosa di automatico.
"Guarda!" Esclamò all'improvviso la voce. "Guarda!"
"Cosa?" Chiesi disorientato e sconvolto dalla fatica.
Mi accorsi allora, con stupore, che intravvedevo l'ombra delle mie mani. Le mie dita martoriarte, di fronte a me... voleva dire che non era più così buio.
"Dai! Dai!"
Scavai con più lena, la luminosità aumentò... scavai, scavai come un pazzo... Un refolo d'aria mi sfiorò il viso, mentre, per la prima volta da quella che sembrava una vita intera, le mie dita non incontravano resistenza e si aprivano all'aria.
Sentii un grido salire dentro di me! Urlai, mentre la voce dentro di me rideva sguaiata...
to be continued...
Andai in iper-ventilazione e sentii che stavo per impazzire... Fu allora che, forse, impazzii sul serio.
"Povero! Vorresti andare a piangere da mammina?"
Sobbalzai! Chi aveva parlato?
"Ci sei solo tu qui dentro, coglione!" Disse la voce in risposta, come se avesse letto nei miei pensieri.
Ero io a parlare, non c'era dubbio.
"E tu... chi sei?" Chiesi, turbato, a quella voce che usciva da me stesso.
"Non lo sai, è proprio questo il problema... Sono te, o meglio, ciò che di te non conosci, ciò che di te ti rifiuti di vedere e sentire. Per questo sei qui: io ti ho portato qui, dove tu mi hai rinchiuso, in questa bara, per anni e anni, al buio! Ora anche tu sai cosa si prova!"
"No! Nooo!" Gridai, picchiando ancora contro la bara. "Fammi uscire! Fammi uscire ti prego!!"
"Fammi uscire ti prego!" Mi canzonò la voce. "Venti anni ti ho supplicato allo stesso modo, venti anni di suppliche e grida inascoltate. Qui dentro ad impazzire da solo..."
"Non ti ho mai sentito..." mi giustificai piangendo, ma dentro di me sapevo che non era vero.
E allora piansi... piansi come non avevo mai pianto prima. Io mi ero rinchiuso in quella bara. Io mi ero ucciso. Non ero morto quella notte, ero morto da tanto tanto tempo e non me ne ero reso conto...
"Sei solo un inutile piagnucolo!" Mi rimproverò la voce. "Invece di disperarti, facci uscire di qui."
"E come?"
"Tu ci hai ficcati in questo guaio, tu ce ne devi tirare fuori! Avessi saputo prima come uscire da qui, non mi sarei data tanta pena per trascinarti qui dentro con me!"
Sentii bruciare una spalla. Allungai la mano e, non senza qualche difficoltà, mi estrassi dalla carne una lunga scheggia di legno.
"Non è poi così solida questa bara..." Pensai.
Tastai le tavole sopra di me. In alcuni punti in cui l'avevo colpita, c'erano irregolarità, il legno si era scheggiato. Iniziai allora a colpire, più forte a piantare le unghie nel legno. Una mi si spezzò, con uno scrocchio secco e io urlai, pazzo di dolore.
"Non fermarti! Gratta! Colpisci!" Mi incitò la voce.
Continuai... piangendo e gemendo... Schegge di legno venivano via, piano piano, rosicchiai e scorticai le tavole che mi tenevano prigioniero. Altre unghie mi si spezzarono, ma infine riuscii a fare spazio tra le tavole e infilai in mezzo le dita. Terriccio... terriccio mi cadde sul viso e sul corpo. Feci forza e più terriccio cadde.
Non so quanto tempo passò... non sentivo più le dita, il corpo era un unico dolore... Infine un asse cedette e mi ritrovai sommerso di terra. Boccheggiai disperato, alla ricerca d'aria. Artigliai la terra attorno a me... il peso mi schiacciava.
"Scava!" Mi gridò la voce. "Scava maledizione!"
Strisciai come un verme, mangiando terra, sputando e facendomi strada un centimentro alla volta. Avanzai... avanzai... smisi di pensare... smisi di ascoltare la voce che mi incitava. I gesti erano qualcosa di automatico.
"Guarda!" Esclamò all'improvviso la voce. "Guarda!"
"Cosa?" Chiesi disorientato e sconvolto dalla fatica.
Mi accorsi allora, con stupore, che intravvedevo l'ombra delle mie mani. Le mie dita martoriarte, di fronte a me... voleva dire che non era più così buio.
"Dai! Dai!"
Scavai con più lena, la luminosità aumentò... scavai, scavai come un pazzo... Un refolo d'aria mi sfiorò il viso, mentre, per la prima volta da quella che sembrava una vita intera, le mie dita non incontravano resistenza e si aprivano all'aria.
Sentii un grido salire dentro di me! Urlai, mentre la voce dentro di me rideva sguaiata...
to be continued...
ciao
RispondiElimina"Ho perdonato errori quasi imperdonabili, ho provato a sostituire persone insostituibili e dimenticato persone indimenticabili. Ho agito per impulso, sono stato deluso dalle persone che non pensavo lo potessero fare, ma anch'io ho deluso. Ho tenuto qualcuno tra le mie braccia per proteggerlo; mi sono fatto amici per l'eternità. Ho riso quando non era necessario, ho amato e sono stato riamato, ma sono stato anche respinto. Sono stato amato e non ho saputo ricambiare. Ho gridato e saltato per tante gioie, tante. Ho vissuto d'amore e fatto promesse di eternità, ma mi sono bruciato il cuore tante volte! Ho pianto ascoltando la musica o guardando le foto. Ho telefonato solo per ascoltare una voce. Io sono di nuovo innamorato di un sorriso. Ho di nuovo creduto di morire di nostalgia e... ho avuto paura di perdere qualcuno molto speciale,ma sono sopravvissuto! E vivo ancora! E la vita, non mi stanca... e anche tu non dovrai stancartene. Vivi! È veramente buono battersi con persuasione, abbracciare la vita e vivere con passione, perdere con classe e vincere osando, perché il mondo appartiene a chi osa! La Vita è troppo bella per essere insignificante!"
RispondiEliminaCharlie Chaplin
mmmm interessante appasionato sto giro l'unica cosa che non mi convinceè il titolo (lo sai sono fissato).
RispondiEliminache dici di:
un feto di assi e chiodi
a inneggiare a alla rinascita che descrive?
ne ho altri, ma me li paghi :P
...
RispondiEliminaClaustrofobico e inquitante.
Voglio rinascere anche io.
Magari non così. Preferirei un parto in acqua, con l'ostetrica che mi canta una canzoncina. Chiedo troppo?
Ciao Joker.
È da una vita che mi sento un embrione...
RispondiEliminap.s mi ero dimentica un abbraccio.
Non commento al post ne a quello precedente, nulla da dire, solo da ascoltare.
Ciao a tutti,
RispondiEliminache dire, più che una rinascita è una fuga dalla morte. La rinascita ancora non c'è a questo punto del racconto, arriverà più avanti :)
Ciao Carolina, conosco la sensazione. Ciao, un abbraccio anche a te!
La vita non deve stancare mai anonimo, anche se a volte si è stanchi...
Neve, non cambio mai il titolo di un post dopo che l'ho scritto e comunque quello che suggerisci è troppo lungo. Grazie comunque per il consiglio.
Beh, Lilly, potendo scegliere avrei voluto anche io un parto più semplice!