"La differenza tra fare l'amore e essere amore, è la stessa che c'è tra fare il pazzo e essere pazzo."
Joker
Mi sono troppo abituato a "fare" me stesso. Un fiore non fa il fiore: è un fiore. Un cane non fa il cane: è un cane.
Le persone no: troppo spesso le persone "fanno" le persone. Mi hanno insegnato che questo si può "fare" e questo non si può "fare": così ora io "faccio" tante cose... ma non sono. E se non sono, allora non esisto... Quindi abbiamo un'umanità di non esistenti...
Fa venire i brividi questa realtà. E porta tanta tristezza... Perché il fare qualcuno, significa di fatto interpretare una parte, un ruolo: e inevitabilmente qualcosa di me viene nascosto, sepolto.
Perché lo faccio? Beh, proprio come su un palco, so che se interpreto bene il mio ruolo, il pubblico mi applaudirà, i miei colleghi attori e il regista saranno contenti di me.
Se invece smettessi di "fare" me stesso sul palcoscenico: se decidessi di essere? Apriti cielo! Non direi più le giuste battute, non farei più i giusti movimenti. Il pubblico rimarrebbe smarrito, e magari comincerebbe a fischiare e protestare e gli altri attori andrebbero in confusione e si arrabbierebbero con me! Il regista mi licenzierebbe!!
E così... continuo a recitare... Ridi! Pagliaccio!! The show must go on!
E mi sento solo, perché alle altre persone non interessa di fatto ciò che sono: interessa ciò che faccio. Si fermano alla superficie e quindi nessuno è in grado di guardare dentro di me, alla mia vera essenza.
E non è colpa loro: io mi nascondo, io faccio me stesso. Quand'è che ho smesso di "essere" me e ho deciso di fare la comparsa di me stesso? Non è stato certo un momento preciso... piano piano, per quieto vivere, per non dover combattere ogni giorno contro il pubblico che fischia e contro il regista che minaccia di licenziarmi, mi sono piegato. Piegato a fare la persona e non ad essere la persona.
Il grande male dell'umanità: facciamo, facciamo, facciamo... qualunque cosa... E faccio tante cose e magari le faccio anche bene. Faccio viaggi, faccio canzoni, faccio l'amore... Niente di male: il fare è qualcosa di bello, ma vorrei che il fare nascesse da dentro di me, non da fuori. Vorrei che il fare nascesse dall'essere, che ciò che di più profondo mi porto dentro.
Essere viaggio, essere musica, essere amore. E allora il fare verrebbe da sé, senza tutto questo affanno e questa rincorsa, che poi non mi soddisfa mai...
E' così... fare il pazzo, non è la stessa cosa di essere pazzo.
E questo vale anche come specchio: quando ho di fronte a qualcuno, certamente osservo cosa fa. Quante volte mi spingo oltre? Quante volte cerco di vedere cosa "è"? Cogliere l'essenza di una persona? Anche perché ciò che una persona "fa" è spesso soggetta al mio giudizio. Hai visto quello? Ha fatto così, si è vestità cosà, ha detto su, ha fatto giù. L'essenza invece non si può giudicare, ma solo percepire.
E quando riesco a "percepire" una persona... allora entro in contatto ad un livello superiore: e allora il fare non è più così importante. Posso anche non fare nulla... non mi aspetto nulla... non ho obiettivi. Sono e basta, senza interpretare alcuna parte. E questa è la più grande gioia.