venerdì 29 novembre 2013

Quando una stella muore...

Ison non ce l'ha fatta...
    
La piccola stella di ghiaccio ha affrontato coraggiosamente il gigante di fuoco, il Sole... e come un prode guerriero dei tempi antichi è perita nel tentativo.
     
Ecco un video dell'evento, ripreso dai telescopi NASA.
    
Qualcosa è rimasto... qualcosa prosegue la sua corsa: come un prode cavaliere, che affronta un mostro di fuoco e il cavallo prosegue nella corsa, ormai privo del suo prode condottiero...
    
Una stella muore... l'Universo agisce in modo strano, a volte crudele. Ci toglie a volte delle stelle, prima ancora che abbiamo la possibilità di vederle. Una stella era in arrivo, lo sapevamo, l'aspettavamo... L'Universo, il destino, il caso, Dio, chi per essi... ha deciso diversamente.
    
E non ci possiamo arrabbiare con nessuno, solo piangere la stella che avevamo sperato di vedere; piangere per quello stupore che non potremo provare; piangere per quell'amore che non potremo dare...
    
Addio piccola stella...
   

mercoledì 27 novembre 2013

Cibo: quella volta che...

Accade che, ogni tanto, nella vita capitino piccoli miracoli.
Sono così rari e proprio per questo, così preziosi.
    
Un giorno come tanti, un momento come tanti, ebbi un incontro inaspettato. Ovviamente una donna, bellissima e affascinante, come ogni donna incontrata per caso, di ogni storia che si rispetti. E come ogni storia che si rispetti, finimmo, per puro caso, a mangiare insieme, in una tavolata di circa 30 persone, gomito a gomito.
    
Mangiare... ero nervoso e non vedevo l'ora di andarmene. Dicevo cavolate a raffica, battute stupide, come quei bambini che esprimono un disagio, non facendo i capricci, ma ridendo e facendo i pagliacci. Ero nervoso perché tutti mangiavano di gusto, mentre io, tanto per cambiare, avevo lo stomaco bloccato. Avevo viaggiato molto, in treno e poi in fuoristrada... niente di strano: ma quando ho lo stomaco bloccato, non c'è nulla di peggio per me che vedere gente che mangia. Chi mi conosce lo sa... o mi distraggo facendo il coglione, o rischio di dover correre in bagno a vomitare...
     
Fatto sta che questa ragazza di fianco a me, sembrò accorgersi del mio problema. Posò la forchetta e il coltello e mi mise un braccio attorno alle spalle.
      
- "Ehi..." Mi disse. "Don't worry... What's wrong?" (Ehi, non ti preoccupare. Che c'è che non va?)
Le spiegai del mio problema, del cibo, che non riuscivo a mangiare e che mi sentivo nervoso...
  
Lei sorrise: mi mise una mano sugli occhi, chiudendomeli completamente. "Don't move." Disse, non muoverti. Restai... in attesa, per diversi secondi: poi un dito si insinuò tra le mie labbra. Non entrò nella bocca, restò là, sulle labbra. Le percorse sul bordo, all'esterno, all'interno... finché non mi venne naturale chiuderle, in quella maniera che fanno le donne dopo essersi messe il rossetto. Immediatamente, un sapore dolce e caldo mi invase la bocca: miele, mi aveva passato del miele sulle labbra. Avrei voluto leccarmi le labbra, ma non osai, forse per timidezza...
  
Di nuovo, le dita toccarono le mie labbra, di nuovo lo stesso gioco... stavolta, però, si insinuarono tra i denti: morsi delicatamente quel dito intruso, lo tenni fermo... lo leccai. Quando lo lasciai andare, restai con la bocca aperta, in attesa del prossimo boccone... in attesa del cibo. Ero ansioso, forse per la prima volta nella mia vita, di essere nutrito, di ricevere cibo.
  
- "Take your eyes closed..." mi sussurrò la voce all'orecchio, mentre la mano che li copriva veniva tolta.
Obbedii e restai ad occhi chiusi: sentii del movimento, poi qualcosa di morbido mi avvolse la testa e gli occhi. Mi resi conto di essere stato bendato. La mia sedia fu allontanata leggermente dal tavolo e la ragazza mi si sedette sopra, a cavalcioni... sentivo il suo fiato caldo sul mio viso...
  
Sentii di nuovo qualcosa toccarmi le labbra... cibo? Era una carota bollita: ci scappò da ridere, mentre le sue dita, che ancora sapevano di miele, guidavano quel boccone nella mia bocca. Percepii... gustai quel semplice ortaggio, come fosse stata ambrosia degli dei... Seguirono altri bocconi, venivo nutrito a quel modo. Ridemmo ancora, quando cercando di darmi da bere, rovesciai l'acqua... ma che importava.
  
Realizzai all'improvviso una cosa... Fino ad allora, mangiare era stato un gesto meccanico, privo quasi di significato. In quel momento, invece... sentii che mi stavo nutrendo davvero, non solo di cibo, ma anche di amore. Ogni gesto aveva un significato, era bello, un gesto da gustare ogni istante: non era un ingurgitare selvaggio, una violenza sperando che arrivasse presto la fine. Anzi... godevo nel mangiare, aspettavo con ansia il boccone successivo. Io, che avevo sempre odiato il cibo; io, che stavo male alla sola idea di dover mangiare; sentii il nodo al mio stomaco, praticamente perenne, sciogliersi...
  
E mi sciolsi anche io... iniziai a piangere come un bambino. Una bellissima donna era a cavalcioni su di me, e mi nutriva con le mani: una delle scene più erotiche che si possano immaginare. E io, invece di allungare le mani, immaginare sesso selvaggio ecc ecc... piangevo. Ed era un pianto di commozione: un senso di liberazione, come mai avevo provato prima nella mia vita. Mi sentii bambino, mi sentii accudito e mi abbandonai...
  
Finito di mangiare, venni sbendato: notai subito che, attorno a noi, molti ci avevano imitato. Chi nutriva lei, chi nutriva lui... Il solito chiacchiericcio da tavolata era sparito: nemmeno lo sferragliare delle forchette si udiva, poiché nessuno più le usava. Ogni gesto aveva... valore. E andava gustato in silenzio, quasi in contemplazione.
   
La ragazza mi guardò sorridente e, senza dire una parola, se ne andò... rimasi là, sulla mia sedia, con lo sguardo sognante e il viso rigato di lacrime. Certe cose andrebbero coltivate: coltivate, continuate, senza permettere che l'ego le distolga. L'euforia di quell'esperienza perdurò in me per circa una settimana, poi, piano piano, si dissolse: tornai alla vita reale, al trangugiare il cibo, guardando l'orologio, chiacchierando, pensando ad altro...
 
Da allora non mi è mai più capitato, di sentirmi così... ma è successo, non è stato un sogno. Da allora, anche se non sono stato ancora capace di rifarlo, io lo so che posso: posso amare il cibo.
  
   
 

lunedì 25 novembre 2013

Cibo: la mia tortura?

Il mio rapporto con il cibo è sempre stato difficile, da ché ne ho memoria.
Ho vaghi ricordi, dell'asilo: ricordo l'ausiliaria della mensa, a cui io dicevo "Questo non mi va. Non ne voglio più", che mi rispondeva "Non ti alzi finché non hai finito tutto!" e mi metteva tutto, anche quello che io le dicevo che non mi piaceva e non avrei mangiato.
   
Finiva che per sfuggire a quell'imposizione, mi nascondevo il cibo nelle tasche: prima avevo tentato gettandolo a terra, sotto il tavolo, ma ero stato severamente punito e sgridato...
  
Carne e pomodori erano le pietanze più difficili: i pomodori soprattutto, non ne toccai più nemmeno uno per sbaglio, fino ai 25 anni, tanto fu il trauma.
  
Non che a casa andasse meglio: l'ingrediente principale di ogni pasto era la "debolezza". Mia nonna era vissuta in un'epoca in cui i bambini si nutrivano come si poteva... ed era ancora convinta che fosse così. Chissà che delusione sono stato per lei da quel punto di vista: tutti i miei coetanei mangiavano come se non ci fosse un domani. Venivano a far merenda a casa mia e mentre io arrivavo appena a metà del mio panino, magari loro ne facevano fuori due o tre. E lì scattava il "convincimento per umiliazione".
  
- "Vedi? Guarda loro come mangiano! Non diventerai mai forte se non mangi!"
Sacco vuoto non sta in piedi... Le rane nella pancia... Per forza sei sempre ammalato, non mangi... Mangia che sei magro... Almeno una volta al giorno, da tutta la vita finché ne ho memoria, ho sentito una di queste frasi. Tant'è che dopo la centesima volta, mi stufai perfino di spiegare che non lo facevo apposta, ma proprio non ce la facevo. E mi sentivo in colpa, per essere così debole, rispetto agli altri che mangiavano come lupi, stavano sempre bene di salute e davano così tanta soddisfazione a mia nonna...
  
La cosa con gli anni non migliorò: il periodo dell'adolescenza lo passai a nutrirmi soprattutto di antibiotici. Lavoravo molto, più di quanto avrei dovuto... il mio corpo si ammalava, ma io mi impasticcavo e andavo comunque. Passai così i miei 5 anni di superiori: tra lastre ai polmoni, mal di pancia e bruciori di stomaco continui, duro lavoro...
  
Osservavo i miei coetanei, che bevevano, fumavano, stavano in giro a divertirsi e "cuccare ragazze"... e stavano bene ed erano forti. Uscii con loro qualche volta, ma più che essere bersaglio di scherzi per la mia stanchezza (mi alzavo alle 5, grazie al cazzo) e per il fatto di tossire come un vecchio di 80 anni, non ottenevo. Ci provai addirittura con delle ragazze, ma le risposte che ricevetti erano... beh, la più gentile fu quella che mi disse "Come puoi piacere alle ragazze? Hai sempre questa aria disfatta, ti vesti come un vecchietto. Tossisci da far schifo, curati no?"
  
Né in famiglia, né tra gli amici ho mai trovato comprensione per la mia debolezza: così ho sempre tirato la carretta, lavorando, studiando, prendendomi cura di mia nonna che ovviamente peggiorava col passare degli anni. E mi isolai... la mia compagnia per anni furono unicamente libri e videogiochi. (Dio benedica Ironobu Sakaguci, creatore della saga di Final Fantasy)
   
In tutto ciò, trasversale ad ogni fase di età... il cattivo rapporto col cibo. Va da sé: stanchezza -> debolezza -> malattia -> medicine -> mancanza di appetito -> più stanchezza -> più debolezza -> più malattia... ecc ecc.
   
Tutto ciò per molti anni... E venne il giorno in cui smisi di mangiare. Non mangiai per... non so, due settimane forse. Lo feci per attirare l'attenzione, così, quando vidi che nessuno se n'era neppure accorto, ricominciai a mangiare, ricominciai con i mal di pancia, la cattiva digestione e via dicendo...
   
Odiavo il cibo: odiavo la mia debolezza... A 19 anni cominciai a praticare arti marziali: mi aiutò, moltissimo. Feci un'evoluzione straordinaria. Eppure, non mi bastava. I miei problemi col cibo migliorarono, ma restarono: mi impedirono di raggiungere il livello che avrei voluto. Migliorai in tecnica, determinazione, sicurezza, forza fisica... ma arrivai al mio limite e non lo accettai.
  
Raggiunto quello che era il mio limite fisico naturale, moltiplicai gli allenamenti. Ogni giorno, senza scampo. Odiavo il mio corpo, la mia debolezza, il mio stomaco e feci di tutto per autodistruggermi... quando questa follia giunse al termine, pesavo 57,5 kg, per un altezza di 1,77m... Giunto alla fine di quella follia, un giorno mi svegliai e non riuscivo più a camminare. Quella fu la fine della mia carriera di combattente.
   
Fu terribile: il corpo era pieno di adrenalina, prodotta dagli allenamenti. Smettendo di colpo, andai in crisi d'astinenza. Avevo crisi di rabbia, incubi... cosa ben peggiore, l'adrenalina fino ad allora prodotta, aveva abbassato di molto la mia soglia del dolore. Quando il livello scese... iniziarono le crisi di dolore. Dovetti prendere antidolorifici, solo per riuscire a dormire la notte: in tutto ciò, avevo comunque da lavorare, studiare per l'università, occuparmi di mia nonna. Mangiai meno, ma avendo eliminato di colpo 4 ore al giorno di attività fisica, recuperai comunque peso.
    
Fu così, che dopo tanta fatica, impegno, sacrificio... mi trovavo punto e a capo. Ero solo come un cane, pieno di lavoro, studi da finire, esami da dare... La svolta forse arrivò quell'11 dicembre del 2008. Quando dritto dritto finii in ospedale... Ho raccontato di come accadde, la mia ricerca del tesoro nascosto. Sarei forse dovuto morire quel giorno e invece tornai a nuova vita.
 
Da quel giorno il cibo cominciò ad avere un sapore diverso... mi accorsi che il cibo dell'ospedale era davvero schifoso e ne soffrii. Volevo mangiare cose buone, come se avessi voluto festeggiare. E ne avevo da festeggiare: ero vivo e quasi in salute!
 
Non fu facile, ma da allora la mia vita ha preso una via diversa: il cibo non è più un nemico. Non sono ingrassato, ma per lo meno non ho più dolori di stomaco, non ho più bruciori. Tornano, ovviamente, quando sono in fase di stress, quando faccio cose che non voglio fare, quando ho paura... Il mio stomaco è di fatto la mia cartina al tornasole, che mi segnala subito se ciò che sto facendo va bene o va male per me.
   
E' un piccolo cucciolo delicato, da trattare con le pinze. Una sorta di reciproca sopportazione che vorrei superare... Arrivare all'amore tra me e il cibo, sarebbe veramente il massimo della mia vita.
   
Mi è successo, una sola volta. Ma questa è un'altra storia, che racconterò, forse domani. Ho amato il cibo... vorrei poterci riuscire tutti i giorni e, chissà, forse un giorno ci riuscirò.
 


domenica 24 novembre 2013

Happy birthday

Two years ago, this little place of thoughts, stories and pieces of soul was born.
I want to remember today, the first post of the Joker...
 
Many things have happened in this time, many changes have come. The way of the life is a mysterious thing, the future an unexplored land... But I want to go on, in this incredible and wonderfull adventure.
  
I can be anything I want to be!
Happy birthday to me!
  
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Due anni fa, nasceva questo piccolo spazio di pensieri, storie e pezzi d'anima.
Voglio ricordare oggi, il primo post del Joker... 
  
Molte cose sono successe in questo periodo, molti cambiamenti sono avvenuti. Il senso della vita è una cosa misteriosa, il futuro una terra inesplorata... Ma voglio andare avanti, in questa incredibile e fantastica avventura. 
 
Posso essere tutto ciò che voglio essere!
Tanti auguri a me!
 

venerdì 22 novembre 2013

La Gassa d'Amante

- "Allora, guarda, è facile: fai così.Formi un occhiello passando sopra il dormiente, fai passare il dormiente da sopra all'interno dell'occhiello, poi passi il corrente, da sotto, dentro l'ultimo occhiello del dormiente che hai formato. Infine prendi il corrente, con il relativo occhiello, ed il dormiente, e li tiri. Il nodo si capovolgerà formando una Gassa d'Amante. Facile no?"
     
Se in quel momento, Spok il Vulcaniano fosse stato teletrasportato dall'Enterprise direttamente sul ponte del Poveglia (Elan 31, cercatevelo su google, marinai d'acqua dolce che non siete altro), e mi avesse spiegato una ricetta di cucina del pianeta Vulcano a base di Skargat e Misung-ra, non avrei avuto la stessa espressione smarrita e confusa.
   
Lo skipper scoppiò a ridere, mi mise la corda in una mano, il disegno (uguale a quello su wikipedia) nell'altra e mi disse "Esercitati."
  
E come ogni cosa, che all'inizio sembra impossibile e la odi con tutto te stesso, nel momento in cui riuscii a realizzare la mia prima Gassa d'Amante, me ne innamorai follemente: da allora, giuro che lo faccio, quando ho bisogno di un anti-stress di emergenza, prendo la prima simil-corda che ho per le mani (stringhe di scarpa, caricatore del telefono, capelli lunghi di qualche malcapitata/o) e faccio e disfaccio questo nodo meraviglioso. Lo faccio verso destra, poi verso sinistra, lo faccio attorno alla gamba del tavolo, al mio polso, alla caviglia... e ovviamente in barca.
  
   
La caratteristica principale di questo nodo... è che una volta completato, non stringe! La figura è esplicativa: la dimensione data all'anello, resterà sempre uguale. Potete tirare quanto vi pare, ma la corda non si stringerà, come invece fa, ad esempio, un cappio.
   
Questo è il nodo principale e più utile. Lo si usa sulle vele, in quanto anche con un forte vento, il nodo non si "strizza". Tiene con una solidità ferrea, ma senza strozzare. Lo si usa per ripescare qualcuno che è finito a mare: se gli lanciaste un cappio e questo se lo mettesse attorno alla vita, tirandolo a bordo lo strizzereste come un limone... poraccio. Con la Gassa d'Amante, invece, la persona cascata in acqua si mette attorno alla vita un robusto anello di salvataggio, che lo porterà in salvo, senza stringerlo fino a fargli uscire gli occhi.
   
Ed ecco, l'origine del nome: Gassa d'Amante. L'amante... Un'amante ci lega, certo, ma non ci stringe: ci tiene con forza, ma senza soffocarci. Mi ha fatto riflettere molto... su come dovrebbe essere il rapporto tra le persone. 
   
Creare dei legami, che però ti lascino libero: ti sostengono quando tira il vento, soffia la tempesta. La Gassa d'Amante, una volta chiusa, è dura come l'acciaio: aiuta ad affrontare la tempesta, ma non si chiude, non "cattura", ma è impossibile da vincere. Lega, con dolcezza, ma con forza: è impossibile "romperla", ma nel momento in cui lo si desidera, si scioglie con dolcezza e facilità: è invicibile ed indomita, ma non è testarda. Cattura, avvolge, ma il suo abbraccio non è mai soffocante, né doloroso.
   
Carola in un commento, mi ha scritto che spesso il lasciar libere le persone, passa come menefreghismo. No, lasciar libere le persone, vuol dire amare come fa un amante: vuol dire legarsi, ma senza stringere. Proprio come fa una Gassa d'Amante...

Ed è una sensazione meravigliosa questa forza, che ti sostiene, ma non si impone: ti aiuta a raccogliere il vento della vita nel migliore dei modi, amica e consigliera, ma discreta e silenziosa. Percepisci il suo amore, ma non la sua invadenza; vi potete permettere entrambi un sano egoismo, senza per questo far venire meno l'importanza del legame che vi unisce. E' quell'amore allo stato puro, che crea quel legame indissolubile, ma libero. Forse una cosa del genere non esiste... A volte credo che sia un sentimento troppo puro e perfetto per essere possibile e reale. Quando mi scopro a pensarla così, prendo la mia cordicella e mi metto a fare un nodo...
  


giovedì 21 novembre 2013

Le leggi di Dio

Giusto, sbagliato.
Bene e male.
   
Sentiamo spesso dire che questi concetti sono soggettivi: ognuno ha il proprio concetto, su ciò che è giusto, su ciò che è sbagliato, bene, male... e in tutto ciò, un dubbio mi assale.
   
Esistono leggi che sono al di sopra degli uomini? Al di sopra delle opinioni? Leggi che sono valide sempre? Sono quelle che io chiamo le leggi di Dio.
   
Sofocle racconta la storia di Antigone, la quale seppellì il corpo del fratello Polinice, contro il volere del nuovo re di Tebe, Creonte. Antigone disubbidì alla legge del Re, andando incontro alla sua punizione, perché la legge del Re andava contro quella che era la legge degli Dei, a lui superiore, superiore a quella di qualunque uomo, che imponeva la sepoltura per i defunti.
 
Esistono queste "leggi di Dio"? Esistono "regole" che non possono essere discusse? I credenti di ogni religione ci hanno provato: non uccidere, non rubare... Nemmeno per difesa? Nemmeno per non morire di fame? Sui 10 comandamenti c'è una bellissima canzone di De André: "Il testamento di Tito", che invito tutti ad ascoltare. E' veramente stupenda.
  
Quindi la religione non ci può aiutare... a cercare queste famose leggi. Ognuno ha le proprie... E quindi la domanda resta: esistono le "Leggi di Dio"? Esistono bene e male? Al di là di presunti premi e punizioni nell'aldilà, che cos'è che ci fa dire "Non è giusto!"
  
Qualcuno già mi dirà che "mi faccio troppe pippe"... A molte persone da fastidio che qualcuno si interroghi su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato: molte persone hanno paura di scoprire di aver creduto in una cazzata, magari per anni, magari hanno sprecato la loro vita intera dietro ad un credo che poi si rivela essere una menzogna. E non parlo solo delle religioni classiche, ma anche di quelle nuove, tipo energie cosmiche, rettiliani, raeliani, speudo guru della domenica, sanyas, schiavi della teconologia, del consumismo, del sesso...

Ci penso e più mi convinco che ognuno di noi è schiavo della sua propria menzogna, che si è costruito intorno, per quieto vivere. Anche l'amore quello dei libri, il consacrarsi completamente a qualcuno... è una religione, una menzogna di cui siamo schiavi, che ci siamo costruiti pur di dare un senso alla nostra vita.
  
Al termine di questi pensieri senza uscita, una legge di Dio, penso di averla trovate. Legge che è giusto seguire. Attenzione, non una legge che "dobbiamo" seguire per forza, sennò saremo puniti e bruceremo all'inferno. Che la seguiamo o meno, creperemo ugualmente entro la fine del secolo (probabilmente) e quello che sarà dopo, nessuno lo sa...

La mia libertà finisce dove comincia la libertà del prossimo
  
Ognuno di noi, ha il diritto di fare di sé stesso più o meno ciò che vuole. Senza limiti. Mi voglio drogare, mi drogo. Mi voglio suicidare, mi suicido. Voglio smettere di lavorare e vivere sotto un ponte? Cavolo, se è quello che voglio davvero, lo faccio!  Autodeterminazione. Una legge sacrosanta. E siccome è sacrosanta la mia autoderminazione, va da sé che chiunque cerchi con ogni mezzo di costringermi a non autodeterminarmi, viola la legge di Dio.
   
"Ah, ma se tu ti autodermini, io ci rimango male e quindi tu violi la mia libertà!" Ecco, questa cazzata l'ho sentita anche troppe volte. Eh no bello. Sarebbe come dire, "La tua faccia mi fa vomitare, quindi violi la mia libertà, perché se ti guardo sto male."
  
Ciò che proviamo dentro di noi, è nostro territorio: non possiamo incolpare nessuno, che applicando la propria autodeterminazione, ci faccia stare male. Se la persona di cui sono innamorato mi lascia (prendo l'esempio più comune) applica la sua libertà, non viola la mia. Certo, è sua sensibilità capire che ogni decisione ha conseguenze sul mondo che ci circonda... ma non posso ritenerlo responsabile per la sofferenza che io provo.
  
Se un missionario mi prende a frustate per convertirmi alla sua fede (è successo), nella sua mente magari è convinto di farmi del bene, ma viola la mia libertà. Entra nel mio territorio. Attenzione a criticare, lo facciamo ogni giorno, spingendo qualcuno a fare qualcosa che non vuole, sotto frustate "morali", col senso di colpa.
"Ecco! Dici di volermi bene, ma comportandoti così mi fai stare male!" ecc ecc. Il ricatto morale...
    
Posso far notare, anche con rabbia, un comportamento che mi da fastidio: ma non posso sentirmi in potere di impedire quel comportamento, sta nella libertà della persona e finché non invade la mia, non posso impormi.
   
Attenzione a questo dettaglio, finché non invade la mia.
   
Quando Antigone decide di seppellire il corpo del fratello, non sta violando la libertà di nessuno: per questo fa riferimento alla legge di Dio. Creonte ha emesso un decreto che viola invece la libertà di dare giusta sepoltura ad un proprio defunto (qui consideriamo che il defunto, non potendo più dire la propria, sia di fatto tutelato dalla sorella).
  
Non vi ricorda qualcosa? Tempo fa in Italia, un padre non aveva il diritto di seppellire la figlia, perché la legge glielo impediva. Lei si chiamava Eluana, era morta da 18 anni, ma il suo corpo veniva mantenuto in vita artificialmente... Un Antigone al femminile, il papà di Eluana, non credete?
  
Chiedere è lecito, rispondere è cortesia. Dice il proverbio. Non dobbiamo avere paura di chiedere ciò che vogliamo: ma allo stesso modo, dobbiamo accettare la risposta che ci viene data.

Il diritto di opporci ce l'abbiamo nel momento in cui qualcosa ci impedisce di scegliere per noi stessi. Per noi possiamo scegliere, per gli altri no. Ognuno deve poter scegliere per sé stesso e basta!
  
Applicare questa legge è veramente difficile... Lottare per difendere la propria libertà? Sì. Senza far soffrire nessuno? Difficile. Avendo l'approvazione di tutti? Impossibile. Accettare le scelte degli altri, per sé stessi? Difficile, se questa persona significa molto per noi e la sua scelta ci allontana. Essere coraggiosi e accettare che qualcuno possa soffrire, qualcun altro possa deluderci, qualcuno possa fare una scelta diversa da quella che noi vorremmo, qualcuno prima o poi cercherà di invadere la nostra libertà, che dovremo combattere per difenderla e che saremo odiati per questo? Difficilissimo...
 

martedì 19 novembre 2013

The shield - I - The witch

Once upon a time, in a little but very beautiful kingdom, lived a beautiful prince, called M.
He was a gentle and a good man, everyone loved it.
   
It was very difficult to take care about his kingdom: many dangers to face, many enemies to fight, many people to protect. There wasn't place for rest, there wasn't place for peace, there wasn't place for love... and prince M began to suffer for his loneliness.
   
One day, M went to the wizard Baneling, to ask him what should he did about his pain and his loneliness.
- "It's difficult." Answered, Baneling. "Too many things afflict your heart: you should let go off... take care of yourself, take some time for you. The welfare of the kingdom is important, but you should think to your own welfare before."
    
But M didn't like this solution: how it could get disinterested about his kingdom and his people? So M left on the Secret Forest, serching for the witch Elda. Elda lived in a little house, in the middle of the forest.
   
- "I was waiting for you..." hissed, when M came trough her door. "I know your problem and I know Baneling's answer. Old stupid wizard... don't worry... I have the right solution for you... Take this."
    
And she gift a little brooch to M, shaped like a little shield.
     
- "This shield will protect your heart:" continued Witch Elda "no one will ever hurt you, as long as you wear it!"
M, happy for the gift, took it.
- "But remember!" Advised him the witch. "The day that you'll take off the shield, you will die! And all your kingdom will fall into ruins!"
- "Then... I'll do not take it off anymore!" Answered M, and put on the shield.
   
Emptiness... a big, enormous emptiness... This was the sensation that M felt.
- "It's good." He thought. "Feeling nothing, I can take care about my kingdom without any fear! Thank you, witch Elda: ask me whatever you want, in return."
     
Elda burst into a great laugh!
- "Oh! Be sure! I'll ask you for my return! But not now... Go, go back to your people, take care of your kingdom."
  
And M went away from the Witch and went back to his kingdom, taking to himself the secret of his new shield...
    
to be continued...
   

lunedì 18 novembre 2013

Energia bloccata - Mente, corpo e pigrizia

A volte mi perdo... Mi scuso con chi legge, perché questo post può essere una vera palla!! Va beh, non mi arrabbierò se ammetterete di aver letto una riga sì e tre no :)

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Mi succede spesso di sentirmi esausto. Stanco... spossato, senza che abbia fatto nulla di così impegnativo da giustificare tale esaurimento.  Lo sento spesso ripetere anche alle persone attorno a me, stanchezza, sonnolenza, come se l'umanità intera avesse esaurito le pile.
    
Ho così iniziato ad indagare sui misteri dell'energia corporea: da dove viene tutta questa stanchezza?
   
La prima risposta che ho trovato è: la mente.
   
Mente conscia, ma soprattutto inconscia: ora alla mente conscia, che riguarda circa il 10% dei nostri pensieri, possiamo più o meno dire cosa fare e pensare. Alla mente inconscia, che riguarda il restante 90%... possiamo arrivare, ma ci sono metodi più... raffinati.
   
Ora, la nostra stanchezza dipende spesso da:
- non vogliamo fare quello che stiamo facendo
- siamo sfiduciati, pensiamo di non farcela
- siamo concentrati su altro (amori, altre voglie ecc)
   
Il primo passo è quindi "ascoltare". Non stiamo a menarcela tanto: ci raccontiamo delle gran palle, per quieto vivere. E mentre alla mente cosciente possiamo "darla a bere", la mente sub-cosciente se ne strafotte. Quindi cerchiamo di prestare un po' più di attenzione.
   
Il secondo passo è "non ascoltare". No, non sono rincoglionito. La stessa mente che ci dice "guarda, a me proprio di fare sta cosa non va", è poi la stessa che ci dice "sei una merda, fai schifo, ma dove vuoi andare"
   
Sembra assurdo, ma sono tutti meccanismi che ci tolgono le forze e ci fanno sentire esausti, svogliati.
Quindi, come primo passo, al mattino appena sveglio, scegliere i pensieri che devono entrare nella nostra testa. E' un po' come la cura della casa: raccogliamo la polvere e la buttiamo, apriamo le finestre, fuori l'aria viziata e dentro l'aria fresca. Il corpo funziona uguale.
   
Un pizzico di autostima...
   
Ecco, qui, sull'autostima, c'è poco da fare: non riesco a "stimarmi" se sto a fare niente. E' così... facile cedere alla lusinga del letto caldo al mattino: del "dolce far niente", del "finché la barca va". E' così facile che alle volte mi dico "fanculo l'autostima" e cedo, lasciando che il tempo passi, così, senza scopo. La cosa incredibile è che, così facendo, invece di riposarmi... mi sento sempre più stanco. E' un po' come una resa, come un dare ragione a quella voce in testa che dice "non vali un cazzo". E non parlo di "fare" inteso come lavoro, sport o chissà che: parlo di "fare ciò che ci va".
    
In questo sono spesso manchevole: a volte, la ricerca di approvazione mi fa dimenticare ciò che voglio davvero. Mi adatto a ciò che vogliono gli altri, per avere la loro approvazione. A volte... un po' questa cosa sta cambiando: ho scoperto che serve molto coraggio per "andare contro", molto coraggio e molta forza.
   
Il corpo: allenarsi. Spesso partiamo pieni di buoni propositi: palestra, piscina, ecc ecc... e poi ci lasciamo traviare dal "non ho tempo." Ok, adesso non me frega un benemerito: il tempo c'è, vado e accresco la mia autostima, non perché sto scolpendo il mio corpo perfetto: ma perché faccio qualcosa per me, sacrificando del tempo a qualcosa di cui non mi frega un cazzo, ma che faccio per avere l'approvazione di altri.
   
Sento spesso dire "stasera non ho avuto tempo di andare in palestra / piscina ecc ecc": e da cosa sarà mai stata sostituita? Quasi sempre è qualcosa che riguarda qualcun altro, qualcos'altro...
  
Non ci sono storie: se non voglio più sentirmi così stanco e svuotato di energie, devo fare le cose che mi danno entusiasmo. Non sempre, non 24h/24h, ma ritagliare dei momenti per me: da quell'ora a quell'ora, quei tali giorni, non rompete. E vale anche per me stesso: perché nel momento in cui ho finalmente ritagliato i miei momenti... ecco che arriva la pigrizia.
  
La pigrizia è una brutta bestia: la pigrizia fisica, ma soprattutto quella mentale. Il meccanismo più insidioso è il perdere tempo: adesso vado, adesso vado, adesso vado... cavolo è troppo tardi, ormai non vale più la pena.
  
Eh no! Se sono arrivato fino a qui e ho ritagliato i miei momenti, non devo farmi fregare dalla pigrizia. Li devo riempire con quello che mi piace, con quello che desidero: sia la palestra per avere il mio fisico perfetto, siano gli scacchi, sia leggere, scrivere o anche solo stare a guardare dalla finestra con una tazza di the fumante in mano.
  
Già, perché a volte sono troppo pigro per prendermi cura di me: scegliere i vestiti che mi fanno sentire bene, fare un bel massaggio (farmeli fare non mi piace, preferisco dare che ricevere), ricordarmi i miei esercizi mentali.
  
A volte mi sento stanco, invece l'energia c'è. Basta zittire la mente che cerca di convincerci che non c'è, muovere il corpo divertendomi, con passione, entusiasmo, scacciando la pigrizia che a volte mi assale.
 
   

sabato 16 novembre 2013

Forza Ison

Ci siamo... Questa è una delle prime immagini di Ison, scattata da un gruppo di astrofili da Reggio Calabria, sullo stretto di Messina.


Ebbene Ison è una cometa: non sembrerebbe dall'immagine, in quanto siamo abituati a pensare ad una cometa con la coda luminosa. Ecco, Ison è così, perché sta raggiungendo il sole ed è ancora sufficientemente lontana da non "perdere pezzi". Sì, perché una cometa (lo so che lo sapete, ma fatemi fare il figo) è un blocco di ghiaccio e polveri, quindi finché sta nello spazio profondo assomiglia ad un grosso sasso. Capita ogni tanto che questi oggetti, passino dalle parti del sole, il sole le scalda e la cometa inizia a "perdere i pezzi". Ghiaccio, polvere e quant'altro... il tutto illuminato dal sole ed ecco a voi la coda della cometa.

Ebbene Ison sta arrivando attorno al sole, proprio in queste ore: sta accelerando. La gravità del sole la attira in maniera sempre più violenta. E qui ci sono due strade: Ison potrà essere distrutta, finire in mille pezzi, a causa della forza del sole; oppure potrà subire quello che si chiama in gergo, "fionda gravitazionale".

E' un vero duello, quello che Ison si prepara ad affrontare: immaginate di essere un motociclista durante una gara e di dover affrontare a tutta una curva molto stretta. Di fronte a voi c'è la concreta possibilità di andarvi a schiantare... ma... se la curva riesce...

Se Ison dovesse vincere la sua sfida col sole, la rivedremo comparire sull'altro lato... E sarà completamente diversa da quel puntino azzurro della prima foto. Uscirà dalla lotta trasformata, un gigante incandescente di ghiaccio (sì, nello spazio è possibile): e sarà luminosa, molto luminosa. Dicono che sarà più luminosa della luna piena, visibile in pieno giorno! E ci farà compagnia per mesi, fino a gennaio... avremo la cometa di Natale quest'anno!

Tutto ciò... se Ison sopravvive alla sua lotta col sole... Io faccio il tifo per lei! Forza Ison!



venerdì 15 novembre 2013

L'imperatrice Teodora

Ieri, sul blog di Lilly, ho fatto la conoscenza di questo curioso personaggio.
  
Come ogni incontro casuale che si rispetti, l'incontro con Teodora è stato... particolare, sicuramente ricco di sorprese. Da buon topo di biblioteca, sono andato su Wikipedia a vedere chi fosse questa imperatrice, presente nei mosaici delle cattedrali di Ravenna: ed ecco a voi, la descrizione... pittoresca (passatemi il termine) che tal Procopio rendeva a sua Maestà.
   
« Quando le figlie divennero giovinette, subito la madre le avviò alla scena, poiché erano davvero belle: però non tutte simultaneamente, bensì a seconda che ciascuna le paresse matura al compito. [...] All'epoca Teodora non era affatto matura per andare a letto con uomini, né ad unirsi a loro come una donna; si dava invece a sconci accoppiamenti da maschio, con certi disgraziati, schiavi per di più, che seguendo i padroni a teatro, in quell'abominio trovavano sollievo al loro incomodo – e anche nel lupanare dedicava parecchio tempo a quest'impiego contro natura del suo corpo.
Non appena giunse all'adolescenza e fu matura, entrò nel novero delle attrici e divenne subito cortigiana, del tipo che gli antichi chiamavano ‘la truppa’. Non sapeva suonare flauto né arpa, né mai s'era provata nella danza; a chi capitava, ella poteva offrire solo la sua bellezza, prodigandosi con l'intero suo corpo.
[...] Spesso giungeva a presentarsi a pranzo con dieci giovanotti, o anche di più, tutti nel pieno delle forze e dediti al mestiere del sesso; trascorreva l'intera notte a letto con tutti i commensali, e quando erano giunti tutti allo stremo, quella passava ai loro servitori, che potevano essere una trentina; s'accoppiava con ciascuno di loro, ma neppure così riusciva a soddisfare la sua lussuria.
 »
(Procopio, Storia segreta, IX (trad. it. in Procopio, Storie Segrete, a cura di F. Conca e P. Cesaretti, Milano 1996))
   
Il mio primo pensiero, leggendo ciò, è stato "Sta minchia!"
   
I casi sono due: o Teodora era una ninfomane all'ultimo stadio nel braccio della morte, oppure Procopio non l'amava particolarmente. Pare infatti che non apprezzasse le umili origini dell'imperatrice.
   
Umili origini sì: Teodora nacque da un domatore di orsi e un'attrice di teatro. Essendo però bellissima, astuta, spiritosa e... e... e... riuscì a divenire prima l'amante e poi la moglie di Giustiniano, futuro Imperatore di Bisanzio, Impero Romano d'Oriente, niente meno.
    
Passano le epoche, passano i millenni: cadono le nazioni e perfino gli imperi... ma è sorprendente osservare come la natura umana rimanga immutata nel tempo. Molti trovano la storia noiosa, eppure è così... intrigante. Attraverso le storie di coloro che ci hanno preceduti, abbiamo una visione di noi stessi. Studiando il passato, comprendiamo il presente e possiamo immaginare il futuro.
  
Le persone di cui sentiamo narrare sono ormai... smaterializzate dal tempo: ma le loro storie sopravvivono... Ah sì, amo le storie: le storie parlano di me, parlano di tutti noi. Quando guardo un film, leggo un libro, non sto solo "osservando" la scena: quella scena la sto "vivendo"... La vivo nella misura in cui parla di me, di ciò che sono.
     
Stasera forse uscirò, ordinerò da bere e brinderò a Teodora; brinderò alla Storia; brinderò alla grande avventura dell'umanità intera, chiamata vita...
 
  
 

martedì 12 novembre 2013

La dea Fortuna

Gli antichi ne fecero addirittura una divinità!
La Fortuna, aiutante degli audaci, capricciosa e soprattutto cieca...
    
"La Fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo!" E' stato il mio grido di battaglia per molti anni. Una sorta di Legge di Joker, simile a quella di Murphy.
      
Osservo, come sempre: una brutta malattia... che porta a perdersi in bicchieri d'acqua, porta a filosofeggiare, a creare teorie psicologiche e psicoterapeutiche, semplicemente per non ammere dei propri limiti...
   
Fatto sta che sono qui, a seguito di una bruciante sconfitta a scacchi, avvenuta in modo davvero assurdo.
     
Ecco la situazione dopo un certo numero di mosse: io sono il Bianco, il Computer è il Nero. Finora la partita è stata equilibrata, ma ecco che scatta la "Fortuna"?
     
    
Pensando di essere furbo, sposto la torre accanto al Re, minacciando così la Regina Nera.
     
     
E qui, chi di scacchi capisce qualcosa (non io evidentemente) mi direbbe subito, "bravo pirla!"
Il mio avversario elettronico, non ci pensa due volte e sposta il cavallo in C2.
   
      
Il Cavallo Nero mette sotto scacco il mio Re, quindi sono obbligato a spostarlo: a destra e sinistra sono bloccato dalle mie stesse Torri. In avanti non posso andare, perché la Torre Nera me lo impedisce... Fulminacci! E' Scacco Matto.
     
E' un ampio preambolo, lo so, e chi non mastica di scacchi mi perdoni. Il succo del discorso è, "Mi sono messo nel sacco da solo."
    
Diceva Sun Tzu, nell'Arte della Guerra: "L'abile generale muove l'armata nemica come se fosse ai suoi ordini."
    
Magari state pensando... e che c'entra la Fortuna? Ecco, nella partita appena descritta, il Nero riceve un colpo di Fortuna: l'errore clamoroso del Bianco (io) gli regala la vittoria su un piatto d'argento, vittoria altrimenti tutt'altro che certa.
     
Il Bianco è stato sfortunato? Era "destino"?
    
- "Nooo! Che sfiga!" è stata la prima cosa che ho pensato. Ma è stata "sfiga"?
A volte chiamo sfiga ciò che va oltre le mie capacità: Fortuna, Sfortuna... esistono, certo, esiste il caso, esiste l'incertezza. Il loro potere è però inversamente proporzionale alla mia preparazione: più "conosco me stesso", come direbbe Sun Tzu e più "conosco il mio nemico", più saranno alte le probabilità di vittoria.
   
Non è la certezza della vittoria, si badi bene: la vittoria è sempre incerta. La sfiga che ci vede benissimo è sempre in agguato. Tuttavia, l'ho troppo spesso usata come scusa, per giustificare i miei fallimenti e le mie sconfitte. Chiamare l'incapacità sfiga, mi da una comoda illusione, su cui mi posso adagiare per non migliorare me stesso: ma è una bugia. In questa partita ho perso per la mia incapacità di avere la "visione d'insieme": nel gioco come nella vita, ho guardato in piccolo, ho guardato solo alla prossima mossa, senza riuscire a vedere che mi stavo impiccando da solo. Il Nero è stato certamente fortunato, nel vedersi aprire quella possibilità così inaspettata: è stato capace di sfruttarla e quella... non è Fortuna, è abilità.
   
Insisto con gli scacchi... chissà che riuscendo a oltrepassare questo mio limite, anche nella vita non mi si aprano nuove porte.
  
  

venerdì 8 novembre 2013

Evviva i cani

Il primo amico a 4 zampe di cui ho memoria è Bill.
     
Nascemmo lo stesso giorno, io e lui: sua mamma era la grossa cagna gialla del nostro vicino di casa e i miei genitori, che stavano aprendo la loro azienda agricola, cercavano un cane da pastore. Quel piccolo mostriciattolo uggiolante, gli sembrò un dono dal cielo: sì, anche per il cane furono contenti.
    
Ricordo il suo odore... Mi raccontano che Bill veniva a dormire vicino alla mia culla: avevamo due mesi, lui già correva e saltellava, io me la facevo addosso, frignavo e poppavo. Appena cominciai a gattonare e poi a camminare, io e Bill diventammo inseparabili.
    
Dormivo con la testa appoggiata alla sua pancia: gliela grattavo e lui si rotolava felice, ridendo. Sì, rideva proprio e muoveva freneticamente tutte le zampe. Aveva la forza di un trattore: ricordo che quando era inverno, trascinava la slitta con me e mia sorella sopra, in mezzo alla neve fresca, in salita.
    
Ricordo che quando voleva, mi azzannava i pantaloni, all'altezza del sedere: aveva una precisione chirurgica, nel prendere solo la stoffa e non la mia pelle, tanto che mia nonna dovette pensare ad una toppa apposita, perché almeno fino ai 3 anni, riusciva a sollevarmi di peso e spostarmi.
     
Potevo essere certo, che quando stavo per combinarne una, lui accorreva a impedirmi di cacciarmi in qualche guaio: ad un genitore si può disubbidire, provate a disubbidire ad un cane giallo grosso il doppio di voi che vi mostra 5 centimetri di denti aguzzi, ringhiando!
      
Un essere umano si stufa, si distrae, pensa ad altro: un cane no... Un cane è "totale": quando Bill era con me, era davvero con me. Magari poteva far finta di sonnecchiare, grattarsi o fare la pipì da qualche parte per segnare il territorio: ma percepiva ogni cosa...
      
Me ne resi conto quando cominciai ad andare al pascolo con lui: i miei avevano aperto la loro stalla. Bill c'era e nessuna mucca poteva sfuggire ai suoi sensi acuti e sperare di fare la furba. Le mucche aumentarono, 10, 20, 30... nel giro di qualche anno. Bill c'era...
      
Crescemmo insieme e quando fui in grado di leggere, capire, osservare il mondo e le persone... mi resi conto di una cosa: nessuno, nessun poeta, nessuno scrittore, nessun Romeo e nessuna Giulietta, è in grado di amare come può amare un cane.
      
Se sono i sentimenti a renderci umani, possiamo essere certi che i cani sono molto più umani di noi: mai, in tutta la mia vita, in nessun essere umano, ho visto un simile amore, così totale, così ovvio dal suo punto di vista. Ero triste e lui era lì a farmi gli scherzi per tirarmi su di morale: andavo a scuola, ma preciso come un orologio, lui era lì ad attendermi quando tornavo e non saltò mai un solo giorno. Potevo magari ignorarlo o perfino trattarlo male, perché ero nella prima adolescenza ed ero sostanzialmente una testa di cazzo: ma bastava un fischio e lui arrivava come se nulla fosse successo.
      
Perfino quando intorno ai 14 anni si ammalò, scodinzolava felice e si veniva a strofinare, come se l'unica cosa importante per lui, fosse la mia presenza. C'erano anche altri cani nel frattempo: Boby, un altro mio grande amico e Fido, che era ancora cucciolo. Ricordo come fido giocasse, mordicchiasse, tormentasse Bill tutto il giorno e di come lui fosse paziente, con quel piccolo cucciolo irritante.
     
La malattia peggiorò, gli prese i reni e le zampe posteriori: era venuto quel momento... in cui si deve scegliere tra l'eutanasia o l'accanimento terapeutico. Il veterinario fu categorico: stava soffrendo inutilmente. Ci accordammo per il giorno successivo.
     
Passai da lui quella sera, prima di andare a letto. Lo accarezzai e gli grattai la pancia: lui scodinzolò felice. Gli parlai a lungo, piangendo: lo ringrazai di tutto, gli dissi quanto era stato bello averlo come amico, che era stato il migliore amico che potessi avere. Gli dissi che non doveva avere paura... ma lui non l'aveva, ero io quello che aveva paura.
    
Il mattino successivo arrivò il veterinario: volevo essere con lui, così lo accompagnai. Entrai nella cuccia di Bill e lo accarezzai, ma lui non scodinzolò... Era fermo, immobile: se n'era andato in grande stile, da solo, come se avesse capito che ormai era giunto il suo momento.
    
Ancora oggi, a 16 anni dalla sua morte, ogni tanto ci ricordiamo di lui.
- "Vi ricordate quando veniva a sdraiarsi sotto il tavolo: durante il pranzo era il suo posto e tu gli davi il cibo di nascosto."
- "Vi ricordate quella volta che è caduto nel canale?" (mica solo io eh) "Non lo avesse riacciuffato papà per il collare... era un cucciolo."
- "Sì e quella volta che quella mucca era scappata: non sapevamo proprio dove fosse finita. Fu Bill a trovarla e riportarla a casa, tutto da solo."
- "E' stato proprio un grande amico."
   
Sì, lo è stato...
   

giovedì 7 novembre 2013

Il giocoliere

Succede...
   
A qualcuno è mai sembrato di essere come giocolieri? Per intenderci, quelli che stanno in equilibrio su qualcosa di molto precario (una palla, un tubo, la schiena di un coccodrillo in preda a convulsioni) e nello stesso momento... fanno roteare una quantità di palle direttamente proporzionale a quanto sono cretini.
   
Cretini sì, non bravi: perché un bravo giocoliere sa quante palle può far roteare... Il giocoliere cretino invece no: ne aggiunge in continuazione, è un bulimico di palle, un insaziabile roteatore di palle insomma. Lo fa solo per il pubblico: più palle fa girare, più grande è il codazzo dei suoi seguaci.
  
- "Guardatelo! Come sa far girare bene le palle, in equilibrio precario sul dorso del coccodrillo in preda a convulsioni!"
   
Ed esaltato da quegli elogi, il giocoliere cretino aggiunge altre palle e le fa girare di più, per avere ancora più pubblico.
  
E con tutte queste palle che girano, girano girano... e il coccodrillo che si agita sotto i nostri piedi, è facile che ad un certo punto si finisca a gambe all'aria: il giocoliere non ce la fa più, è esausto, mette un piede in fallo e cade. Casca col culo per terra, il coccodrillo irritato gli da pure qualche smozzicotto e tutte le palle cascano ovunque, in un fragore di vetri infranti.
  
- "Noooo! Tragedia!!" (parte in sottofondo "Sarabande" di Handel) "Le palle hanno smesso di girare!!!"
  
Il giocoliere si gira su sé stesso e cerca di raccogliere le sue palle ormai in frantumi, ma i vetri gli feriscono le mani: lacrime di dolore e vergogna gli rigano il volto.
  
- "Vi prego!" Implora al pubblico. "Qualcuno mi dia delle palle da far girare! Che senso ha la mia vita senza palle che girano?!"
  
Ma dal pubblico arrivano solo fischi e insulti: il giocoliere ha smesso di affannarsi per loro, non fa più girare le palle, in equilibrio precario sul coccodrillo in preda a convulsioni, che nel frattempo se n'è andato risentito.
  
- "Ma come?! Coccodrillo in preda alle convulsioni, anche tu mi abbandoni?!"
- "Sei un fallito di giocoliere! Fai schifo!"
- "Ma potevi agitarti un po' di meno scusa..."
- "Certo! Adesso cerchi pure di dare la colpa a me! Dovresti vergognarti!"
  
Iniziano ad arrivare i primi pomodori: non ho mai capito bene questa usanza. Il pubblico cosa fa? Se li porta da casa preventivamente? Oppure ci sono dei venditori di pomodori marci, che si aggirano tra le sedie prima dello spettacolo, gridando "Pomodori! Pomodori marci da tirare agli artisti che sbagliano! Pomodori marci! Non perdete l'opportunità di umiliare un povero artista incapace!"
E si alzano le mani: "A me due! A me tre! Mi dia l'intera cassetta!"
 
Sporco di pomodoro marcio e ricoperto di insulti, il giocoliere raccoglie le poche palle rimaste intatte. Due. Sono il minimo per ricominciare: ora però non ha voglia di farle girare. Se le mette in tasca al sicuro e volge le spalle alla folla... mentre cala il sipario.
 
 
Questa è un'immagine molto famosa. Chi sa dirmi da dove proviene?